Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Salvo complicazioni…

di Redazione

Storia di un film che rappresenta l’Italia a Cannes, ha acquisito prestigio in Francia, è stato acquistato da parecchie nazioni estere, mentre in Italia, ha rischiato di passare nell’indifferenza. Una querelle veramente paradossale

di Massimo Arciresi

C’è una storia degna di un altro film dietro la realizzazione di Salvo, debutto nel lungometraggio – supportato dalla Sicilia Film Commission – di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia che racconta il salvifico (appunto) incontro tra uno spietato esecutore della mafia (Saleh Bakri, nel ruolo del titolo) e una ragazza cieca, Rita (Sara Serraiocco), sorella di un pericoloso bersaglio. Infatti, l’asciutto soggetto riguardante questi due “alieni” che si muovono sullo sfondo di una Palermo appena evocata, ma trattata come “luogo universale” ha stuzzicato la curiosità del prestigioso canale tv francese Arte, il cui aiuto finanziario è stato risolutivo per il completamento del film, accettato poi nella Semaine de la Critique dell’ultimo Festival di Cannes. Qui è stato comprato da parecchie nazioni, tranne l’Italia. Ci sono voluti gli importanti riconoscimenti ottenuti, il Grand Prix e il Prix Révélation, per sbloccare la paradossale situazione. Parliamo con i registi della loro avventura

Il film nasce da un corto, Rita, con gli stessi personaggi ma incentrato sulla ragazza: come avete sviluppato lo script?

AP: «Non è esattamente così. Il copione di Salvo esisteva già. Con il corto sentivamo il bisogno di metterci alla prova dietro la cinepresa. Era un’esigenza pure per i nostri produttori, che attraverso quel lavoro potevano trovare più facilmente dei finanziamenti. A noi è servito anche per cominciare a cercare quel “punto di vista della cecità” presente pure in Salvo.»

Protagonista è il controllato Saleh Bakri: come siete arrivati a un attore palestinese per interpretare un killer palermitano?

FG: «Abbiamo visto un film del 2009, Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman. Lì Saleh interpreta un personaggio silenzioso, che però riesce a far trapelare tutto il proprio tormento; ed è anche molto carismatico, proprio quello che occorreva a noi. Conoscendolo, abbiamo capito di aver fatto la scelta giusta. Abbiamo cominciato a lavorare assieme e abbiamo scoperto un uomo sensibile, che si è interrogato molto sul personaggio. Inoltre, i continui rinvii della produzione ci hanno permesso di fargli studiare l’italiano. Per quanto, in fondo, dica poche battute, non è doppiato, e per noi era importante. Non puntavamo a raggiungere un credibile livello di lingua palermitana perché comunque il suo modo di parlare ci restituisce un po’ di straniamento rispetto al suo ambiente.»

Rita invece ha il volto dell’esordiente pescarese Sara Serraiocco. Assistendo alla scena da thriller in cui si muove nella sua casa-prigione, vengono in mente classici del genere come Gli occhi della notte o Terrore cieco. Ci avete pensato?

AP: «Sì, amiamo il cinema noir, e ovviamente questi film sono stati per noi d’ispirazione. È stata anche questa la “sfida” tra noi e il direttore della fotografia Daniele Ciprì. L’idea di fare un noir siciliano, con la nostra luce ma anche dentro questa casa piena di ombre, lo ha appassionato.»

Ci sono pure dei possibili riferimenti religiosi: Salvo adagiato sul letto come Cristo su un sudario, Rita che sembra esibire delle stimmate sono immagini ricercate…

FG: «Ci siamo chiesti cosa potesse significare questa riacquisizione improvvisa della vista. Alcuni riferimenti sono voluti perché ci sembravano necessari per sottolineare la ricerca di una vita autentica e libera, incarnata – nel senso proprio che si fa carne – nei due protagonisti.»

Dopo i premi di Cannes, la Good Films vi ha distribuito, decidendo coraggiosamente di fare uscire il film alla fine di giugno, fase della stagione cinematografica che si sta tentando di rivalorizzare ma non ancora proficua. Questa collocazione estiva vi preoccupava?

AP: «Di certo non è stata una scelta facile. Quando è arrivata la distribuzione abbiamo dovuto decidere: uscire subito o aspettare, correndo successivamente altri rischi? Abbiamo azzardato: si dice sempre che la stagione cinematografica si allunga, e già ci si prova con i blockbusters americani, che certo Salvo non poteva affrontare (è un film di tipo diverso); però perché no? Tra l’altro, il film si svolge in un’estate molto calda: abbiamo invitato il pubblico ad andare al cinema durante un’estate altrettanto calda!»

Cosa faranno adesso Piazza e Grassadonia?

FG: «Continuiamo a seguire il film. Ci invitano ad andarlo a presentare anche negli stati che lo hanno acquistato. E in più ci sono tanti festival importanti nel mondo (anche in termini di mercato) che lo stanno richiedendo. Da qui a dicembre il programma è abbastanza intenso. E alla fine, speriamo di riuscire a metterlo da parte e a pensare a qualcosa di nuovo.»

Parla Sara Serraiocco

«Non è stato facile interpretare Rita, ma sono stata supportata dai registi e dall’acting coach Filippo Luna, che è un bravissimo attore palermitano e che appare anche nel film. Con lui abbiamo fatto un lavoro di preparazione che partiva dal corpo per arrivare al primissimo piano. Abbiamo studiato i gesti, i movimenti di alcune ragazze non vedenti, con le quali ho instaurato anche un rapporto di amicizia. Abbiamo attraversato delle fasi sensoriali, per abituarmi all’esclusione della vista e dare maggiore importanza agli altri sensi. Abbiamo fatto un apposito studio sul dialetto e sulla cadenza palermitana, attraverso la visione di dvd, l’ascolto di canzoni; siamo stati sui posti, nelle zone più popolari.

Per il provino mi ha contattato la mia agenzia. Inizialmente c’è stato un incontro con la casting director Chiara Agnello, che mi ha subito chiesto un’improvvisazione da non vedente. Mi ha richiamata dopo due giorni, e mi sono stati dati degli stralci di sceneggiatura. Alla fine c’è stato un altro provino e poi un incontro con i registi.»

 

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