Napoli. Scampia. Nella Vela Azzurra ha ceduto un ballatoio. Due persone sono morte e tredici sono rimaste ferite. Qualcuno si è affrettato a dire che si sia trattato di un banale incidente. Il ballatoio non avrebbe retto al peso di una calca di persone. In realtà, su quei ballatoi gravava l’abbandono e l’incuria. È stata la mancata manutenzione o, peggio, un cedimento strutturale a causa del cemento scadente (sappiamo da anni gli interessi della criminalità sul calcestruzzo “depotenziato”, ndr), per un’errata progettazione o, forse, per la mancanza di un adeguato copriferro.
In ogni caso, abitazioni di quart’ordine in cui la resistenza è effimera e la sicurezza è fuori budget. Come l’estetica.
Tra gli articoli di stampa, Vincenzo Morvillo ci offre l’unico spaccato autentico di Scampia. Dopo aver citato Repubblica, “Scampia, crolla ballatoio della Vela: due morti e 13 feriti, sette sono bambini“; o ancora: “Scantinati come discariche: la vergogna di Scampia. Alla Vela Azzurra le proteste sono gestite dalla camorra“, spiega: “I clan, cui lo Stato ha appaltato per decenni il controllo di un territorio esplosivo per disagi, degrado e marginalità, si sono fatti una guerra fratricida e si sono eliminati a vicenda (…) Scampia è uno di quei progetti varati in tutta Italia con la Legge 167 del 1962 e da cui nacquero disastri residenziali (come le città satellite – nda) e come appunto i casermoni della omonima 167 o dello Zen di Palermo. A Scampia, dagli anni ’80 e fino a metà degli anni 2000, si moriva. Si moriva per overdose da eroina tutte le sere. Era il più grande discount della droga d’Europa (cfr. Contropiano – Scampia, la morte dei dannati – Vincenzo Morvillo).
L’episodio di Scampia richiama alla mente un altro banale incidente: quello di Londra (North Kensington). L’incendio della Grenfell Tower fu “un incidente” che avvenne nel grattacielo di 24 piani dove, nella notte del 14 giugno 2017, a causa di un incendio, morirono 72 persone e 74 rimasero ferite.
Un edificio popolare, gli allarmi inascoltati degli inquilini
La domanda: cosa aveva scatenato in pochi minuti un incendio di proporzioni così sorprendenti? Alcuni residenti scampati alle fiamme parlarono dell’esplosione di un frigorifero o di un fornello, in uno dei 120 appartamenti nella parte bassa di questo grattacielo a 24 piani, un palazzo di edilizia popolare. Costruito nel 1974 nell’ovest di Londra, a North Kensington, ai margini di una delle zone più ricche della capitale, era abitato da molti stranieri e famiglie che non si potevano permettere gli affitti inarrivabili dei quartieri più a sud.
Da tempo i suoi inquilini, riuniti in un comitato, il Grenfell Action Group, avevano lanciato allarmi sulla scarsa sicurezza dell’edificio (raccolti sul sito https://grenfellactiongroup.wordpress.com/), allarmi inascoltati dal comune e dall’azienda comunale che lo gestiva.
Il presagio
L’associazione a novembre lamentava che «solo un evento catastrofico» potesse smuovere le acque, «il KCTMO gioca con il fuoco» scriveva (https://grenfellactiongroup.wordpress.com/2016/11/20/kctmo-playing-with-fire/).
Quello che è depotenziato, dunque, in queste periferie, dalle Banlue di Parigi a La Castellane di Marsiglia, dallo Zen di Palermo a S. Basilio a Roma, dal Bronx di Londra a Molenbeek nell’area urbana di Bruxelles, ormai discariche sociali, come le definisce Bauman, non è solo il cemento, ma la vita. È l’umanità che è stata degradata, insieme alle scadenti soluzioni urbanistiche. Come racconta Elodie, parlando di sé, e dicendo che nelle strade di Quartaccio, a Roma, qualche anno fa, c’era una ragazza con troppa libertà e grandi sogn,i ma (la periferia) è un contesto che rischia di inghiottirti. «Ti senti sporco, questa è la verità» (Corriere della Sera – ottobre 2023 – Chiara Maffioletti).
Le luci su Scampia dureranno qualche giorno, poi torneranno a spegnersi. E tutto potrà riprendere come al solito.