Non c’è niente di più osteativo allo sviluppo della confusione. Soprattutto quando non si vuol fare chiarezza. È il destino del comparto alberghiero che, oltre a risentire della crisi internazionale, viene penalizzato da una classe politica poco ricettiva alle esigenze del settore e che trova come scorciatoia, alimentarne il caos
di Maria Rita Giglio
La crisi internazionale, una certa confusione nelle offerte, un territorio che perde sempre più la propria propensione turistica. Il momento del ricettivo alberghiero palermitano non è certo tra i migliori. Le cifre sono, comunque, più eloquenti delle parole. Secondo dati forniti dalla Federalberghi di Palermo, oggi, i posti letto nel capoluogo siciliano ammontato a 27 mila unità, mentre le camere sono complessivamente 12 mila 305. L’extra alberghiero conta, invece, 9 mila 667 posti letto. Lo scorso anno, rispetto all’anno precedente, nell’alberghiero si è registrato un decremento del 12 per cento delle presenze.
La crisi si ripercuote anche sotto il profilo occupazionale, che negli ultimi anni è insensibile ribasso. Lo scorso inverno, molte strutture sono ricorse alla cassa integrazione ed è molto difficile prevedere nel breve nuovi posti di lavoro. Anche se le previsioni per quest’anno sono in leggero incremento, non possono compensare le perdite subite dal comparto.
Certo il vento di crisi soffia dappertutto, ma i problemi più tosti stanno all’interno, e trovano la massima espressione nella grande confusione che alleggia nel settore. Lo sviluppo turistico negli ultimi anni è stato confuso con la realizzazione di strutture ricreative che, a vario titolo e, in molti casi, senza un’adeguata programmazione, sono stati semplicemente un investimento immobiliare e, quindi, poco utili a contribuire alle vere necessità del ricettivo. Il numero dei posti letto è sicuramente aumentato –ribadisce- e molte strutture ormai offrono standard qualitativi di tutto rispetto. Anche lo sforzo degli imprenditori alberghieri è stato ammirevole. Ma questo non basta’’.
Cosa manca allora essenzialmente? Nel dotare il territorio di adeguate infrastrutture e servizi, necessari per una destinazione che vuol fare veramente turismo. Inoltre , non può esserci uno sviluppo se le imprese turistiche vengono continuamente penalizzate in termini di tributi rispetto ad altre destinazioni, non riuscendo di conseguenza a produrre offerta competitiva. A questo aggiungiamo il declassamento e l’assenza di collegamenti.
Mi sembra che la situazione non sia da poco.