Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Storie di donne e la discriminazione di genere

di Redazione

Le storie di donne diventate l’emblema della lotta contro la discriminazione di genere

 

A cura della  Redazione

La nostra società è ancora arenata in una cultura millenaria arretrata ed ingiusta. Civiltà e progresso non sono stati sufficienti a risolvere tale problema e sembra che l’uomo non abbia ancora imparato ad amare e soprattutto a rispettare la propria compagna, la propria figlia.

Vogliamo raccontare alcune storie tutte al femminile, le cui protagoniste, donne di paesi geograficamente lontani da noi, rappresentano l’emblema della spietata differenza di genere. Le vogliamo raccontare perché sono storie solo apparentemente lontane da noi. Nella realtà, al di là della diversità territoriale che acquieta le coscienze, hanno un drammatico comune denominatore tra di loro: il coraggio delle donne.

Che fine ha fatto Sakineh, la donna iraniana (accusata di adulterio) che ha visto commutata la pena da lapidazione ad impiccagione? Di lei non si sente più parlare e forse è tutt’oggi rinchiusa in carcere in attesa che le venga tolta la vita da un momento all’altro.

Una storia singolare è quella di Phoolan Devi, la regina dei banditi. Phoolan Devi è una delle donne più famose dell’India. A 11 anni, suo padre la vende in moglie a un uomo di 20 anni più vecchio di lei per una bicicletta e una vacca malaticcia. L’uomo la violenta e presto l’abbandona per sposare un’altra donna. A 14 anni, Phoolan ritorna dalla sua famiglia. A 16 anni viene arrestata per la prima volta, accusata da un cugino di averlo derubato. Mentre è in prigione viene violentata dai poliziotti e la gente comincia a dire che è una ragazza facile. A 21 anni viene sequestrata da un gruppo di banditi, che ne fanno la propria schiava sessuale. Quando un giorno il capobanda decide di dare spettacolo e di violentarla in pubblico, un giovane uccide il capo e si prende la ragazza per amante. Lei s’innamora di lui e quest’ultimo le dà il suo primo fucile.

phoolan devi
Phoolan Devi

Ben presto il suo giovane amante viene ucciso da due fratelli di un’altra casta che vogliono la ragazza. I due la sequestrano e la portano nel villaggio di Behmai, dove la fanno violentare, dai membri di quella casta, per tre settimane di seguito. Un vecchio, vedendola soffrire si commuove e l’aiuta a fuggire. In seguito l’uomo viene bruciato vivo a testa in giù per il suo gesto.
Phoolan giura vendetta contro i due fratelli e mette assieme una banda. Il giorno della vendetta arriva a metà febbraio del 1981. I banditi di Phoolan circondano il villaggio di Behmai e ordinano a tutti gli uomini di radunarsi lungo il fiume Yamuna. All’appello mancano i due fratelli che Phoolan vuole più di ogni altro, ma quando i banditi ripartono, venti altri uomini sono stesi a terra, morti.
La giovane intoccabile si aggira per tre stati dell’India derubando i ricchi e distribuendo il bottino fra i poveri, diventando, ben presto, un’eroina popolare.

Migliaia di poliziotti le danno la caccia, ma Phoolan Devi con alcuni fedelissimi riesce sempre a fuggire.

Un abilissimo poliziotto riesce a negoziare con lei le condizioni alle quali si arrenderà: nessun membro della sua banda viene impiccato, nessuno farà più di otto anni di carcere, suo fratello viene assunto nella polizia e per la madre chiede un pezzo di terra e una vacca. Nella città di Gwalior, il 12 febbraio 1983, migliaia di persone, aspettano la capitolazione della dea della vendetta. Lei arriva e lascia la folla stupita in quanto giovane e all’apparenza fragile.

Dopo la sua scarcerazione, nel 1994 passa alla politica e nel 1996 in Parlamento. Phoolan muore nel 2001, a causa di cinque colpi sparati da una banda di sicari mascherati spariti nel nulla, che mettono fine a una leggenda. Questa donna ha ridato fiducia e coraggio alle donne indiane.

Fino a poco più di un secolo fa, in Italia e in molti altri regimi liberali, ai cittadini di sesso femminile non era consentito votare, le donne sposate non erano libere di disporre del denaro che guadagnavano con il proprio lavoro e non potevano promuovere un’azione legale. Fino alla seconda metà del secolo scorso, anche in paesi relativamente avanzati come la Gran Bretagna, le donne non potevano adire una corte, né essere chiamate in giudizio, quindi, paradossalmente, non era neppure consentito loro di presenziare ai processi in cui erano imputate. Per esemplificare questa condizione si cita spesso un caso assai famoso, che ha costituito un punto di svolta nel trattamento giuridico delle donne sposate: quello di Caroline Norton, moglie di un esponente del gruppo parlamentare tory. Suo marito le aveva intentato causa di divorzio, accusandola di aver commesso adulterio con il leader del gruppo whig. La donna non poté prender parte alla causa. Anche dopo la separazione, i diritti d’autore dei suoi libri continuarono a essere incassati dal marito, a lui andarono le proprietà che la moglie aveva avuto in eredità dalla sua famiglia, a lui solo spettò la custodia dei figli. Questo caso giudiziario – che ebbe complicate evoluzioni e fu accompagnato da ulteriori scandali – appassionò l’opinione pubblica inglese della prima metà dello scorso secolo. L’indignazione che ne seguì facilitò la strada a una serie di riforme volte a proteggere i diritti delle donne sposate.

 

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