In un’intervista al Corriere.it il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha rilasciato le sue valutazioni sul retroscena della strage di Capaci.
di Giulia Noera
«Certamente Falcone, come Borsellino, erano dei nemici da bloccare per quello che potevano continuare a fare. Ma l’attentato di Capaci, per le modalità non usuali per Cosa Nostra, fu anche un messaggio di tipo terroristico non tanto eversivo quanto conservativo per frenare le spinte che venivano fuori da tangentopoli contro una politica che era in crisi».
«Per noi è lacerante intuire ma non potere ancora dimostrare», affema Pietro Grasso secondo il quale «la strategia stragista sia iniziata prima di Capaci e cioè con l’omicidio Lima. È lì che scatta un segnale per cui lo stesso Falcone mi disse ‘Adesso può succedere di tutto’».
Grasso racconta anche dei suoi rapporti personali: «Falcone suscitava tanta invidia perché essendo un fuoriclasse metteva in luce la mediocrità degli altri». Nel corso dell’intervista ha anche mostrato l’accendino di Falcone. «Per me è una reliquia. Me lo lasciò Giovanni alcuni giorni prima dell’attentato. Aveva smesso di fumare e mi disse: ‘Tienilo tu, me lo restituirai se dovessi riprendere a fumare’. Ogni tanto penso di doverglielo ridare. Lo tengo sempre in tasca e mi aiuta a superare i momenti difficili pensando anche a tutti gli attacchi che subì Falcone». |