In Sicilia la campagna elettorale, ormai, si svolge seguendo nuovi canoni. La parte del leone è adesso quella dei sondaggi, che raccolgono le morbose attenzioni di tutti
di Mario Guglielmino*
In Sicilia la campagna elettorale per le prossime elezioni regionali sembra svolgersi secondo alcuni nuovi canoni. Non ci sono più i lunghi e affollati comizi di piazza di una volta, non le bandiere più o meno colorate e festose, non le feste di partito, le cene e le adunate dei comitati.
Se la Sicilia è laboratorio politico, lo è adesso fin dalle fondamenta, e si alimenta delle nuove sottili forme della ricerca del consenso.
Nuove forme, sì, ma anche molti nomi che si ripropongono, che ritornano sempre uguali, appartenendo a certa datata nomenclatura, volti noti e navigati per l’esperienza di diverse stagioni trascorse nella frequentazione di varie aule di democratica rappresentanza elettiva. In questo senso, il nostro laboratorio regionale vede l’utilizzo di ingredienti della tradizione politica, di conseguenza non proprio freschi.
La lotta politica, anche per stanchezza e mancanza di giovanile smalto, quindi, si svolge in forme decisamente più sotterranee. Questa assenza, questa fuga della politica dalla strada, è segno di una maggiore prevalenza di alcuni apparati clientelari ormai consolidati, rispetto alla tradizionale ricerca del favore nel puro rapporto di fronte all’opinione pubblica.
Molti di questi candidati non sembrano interessati alla ricerca e alla creazione di nuovo valore e di nuovo consenso, quasi rassegnati all’idea che nessuna idea e nessuna proposta possano richiamare alla fiducia quella gran fetta di elettorato che, già così si esprime, non andrà alle urne per la sfiducia e il malessere maturato in anni di mala gestione, scandali, mala politica e vacche sempre più magre. Un patrimonio, quello di coloro che si annunciano astenuti, quasi maggiore del 50 per cento dell’elettorato.
Una politica sotterranea e per pochi, che mira ad alcuni obiettivi sensibili. Non ci si impegna più di tanto, i messaggi pubblici vengono affidati soprattutto ai media, a interviste televisive, meglio se brevi e con lancio di spot facilmente digeribili, nella speranza che qualcuno ancora ascolti.
Grandi cartelloni con l’illustrazione di vere o presunte glorie raggiunte e promesse, con accanto l’effigie del partito o del protagonista di turno.
La parte del leone è adesso quella dei sondaggi.
Il sondaggismo raccoglie le morbose attenzioni di tutti, giornalisti, commentatori, uomini di partito e dell’establishment, e ancora di qualche cittadino interessato, come se dalla lampada magica dovesse venir fuori il genio dell’alleanza vincente, l’alchimia che mette tutti gli avversari dei fronti opposti in fuori gioco.
Il sondaggismo, in fondo, è comodo: delega ad anonime interviste l’intuizione, ma anche la costruzione, delle intenzioni di voto, senza la fatica della politica in strada.
Tempi nuovi. Ma è obbligo approfondire e riflettere, appunto, non soltanto sull’uso dei sondaggi con funzione predittiva, ma di vera costruzione del consenso. Sotto il balletto di molti numeri e percentuali di consenso c’è un chiaro intento manipolatorio ben congegnato. Infatti, è chiara la strategia: balletti di cifre, spesso del tutto discordanti e contraddittorie, presentate con opportune salse che confondono il lettore ad arte, e lo indirizzano in modo quasi inconsapevole e occulto. L’intento manipolatorio dell’opinione pubblica è evidente grazie alla forza dell’annuncio. La psicologia dell’individuo e quella delle masse trovano qui un punto di incontro, nella ricerca di una certa fonte di comune rassicurazione nelle possibili scelte auspicate e sostenute dai vari schieramenti.
Nel percorso che va dalla democrazia del sondaggio a quella delle urne il rischio è pesante: quello di una capacità deliberativa il cui metro è, in definitiva, non il consenso proprio bensì…altrui. Ci si sente più sicuri a scegliere, se a farlo sono anche altri, nello stesso nostro senso e verso. Siamo più confortati, ad azzeccarci insieme oppure, mal comune mezzo gaudio, eventualmente a sbagliare insieme.
Salvo poi ritrovarsi nella medesima comune barchetta malandata in mezzo al mare.
Ecco quindi in gara le varie forze politiche a sfornar sondaggi, tramite i loro mentori istituti di rilevazione quotidiana, impegnati a governare le maree elettorali, cercando di lavorare per strappare, costruendolo anche virtualmente, quello spazio e quel distacco che farà la differenza alle urne.
Ne avremo ancora per qualche settimana. Per poi ricominciare a livello nazionale.
*Presidente dell’Associazione politico culturale Voci Attive