Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

TRATTA…. il prossimo tuo come te stesso?

“Finché l'uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. E’ questa la ragione di tutto il male del nostro tempo”. Pier Paolo Pasolini

di Redazione

https://www.facebook.com/LinchiestaSicilia/videos/1078008155872119/
La produzione del video è stata curata da Cinzia Brai di https://www.yaku.it

La tratta di esseri umani è “un’attività criminale finalizzata alla cattura, sequestro, reclutamento, nonché trasporto, trasferimento e alloggio di una o più persone”.Così recita il Protocollo delle Nazioni Unite del 2000,Protocollo di Palermo’.
Secondo l’Inchiesta Sicilia, invece, la tratta di esseri umani è il ‘crimine’ più efferato, più atroce, più scellerato che sia mai stato perpetrato nella storia dell’umanità contro uomini, donne, bambini in situazioni di estrema vulnerabilità, perché provenienti da paesi in guerra o costretti a vivere in un contesto di forte disagio e povertà.
Un crimine che, in realtà, è sempre esistito, sotto la dicitura più semplice di ‘schiavitù’, ma che oggi, si colloca in una asserzione più complessa, perché più complesse sono le dinamiche che vi ruotano attorno; una schiavitù moderna.
In ogni caso, oggi, come allora, la tratta è la più grave violazione dei diritti umani.

Tratta di esseri umani e traffico di migranti: due fenomeni distinti


Spesso, la tratta si interseca, si sovrappone e si confonde con il fenomeno migratorio. In realtà, si tratta di due fenomeni distinti. La tratta non va confusa con il traffico di migranti (smuggling of migrants). “La differenza – afferma Sergio Cipolla, presidente del Ciss, organizzazione non governativa – consiste nel fatto che nello smuggling, il migrante è consapevole delle proprie azioni, effettua una scelta e assume un ruolo attivo nei contatti iniziali con l’organizzazione. Mentre nella tratta, vengono usati mezzi violenti, coercitivi e ingannevoli. Inoltre, nello smuggling il rapporto tra il migrante e il trafficante termina una volta raggiunta la destinazione, mentre nella tratta, l’arrivo alla meta segna l’inizio dello sfruttamento”.
Comunque sia, il 90 per cento dei migranti arrivati in Europa negli ultimi anni è preda dei trafficanti di esseri umani e, quindi, vittima della tratta.


La tratta in cifre


Quello della tratta è un fenomeno universale, di dimensioni elefantiache, anche se poco quantificabile. L’Onu stima che la tratta degli esseri umani coinvolga 2,7 milioni di persone nel mondo e che muova un giro di affari pari a 32 miliardi di dollari.
Vittime della tratta a livello mondiale sono soprattutto le donne (51%), a seguire gli uomini (21%), le bambine (20%) e i bambini (8%).
In Italia, questo crimine, che coinvolge dalle 50 alle 70 mila donne costrette a prostituirsi e circa 150 mila uomini sfruttati per il lavoro, costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e droga. 
In Sicilia, il 73 per cento delle vittime della tratta sono donne e minorenni.   Nell’Isola, il fenomeno si interseca e si sovrappone al traffico di migranti, legato alla consistenza del flusso migratorio, connaturato alla posizione della Sicilia nel Mediterraneo, che la rende terra di sbarco e di primo approdo.


Finalità e tipologie di sfruttamento


La finalità di sfruttamento qualifica il crimine, anche se la caratteristica principale della tratta è quella di essere unattività polivalente. Cioè, la stessa vittima viene sfruttata su più fronti.
Quindi, può essere distinta in sfruttamento lavorativo, sessuale, reclutamento in attività delinquenziali (compreso l’accattonaggio) e in trapianto di organi.
“In Sicilia – precisa il presidente del Ciss – lo sfruttamento sul lavoro è la finalità principale della tratta e rappresenta l’ambito più ampio, coinvolgendo il maggior numero di vittime, indiscriminatamente dal genere, dall’età e dalle condizioni fisiche”.
L’altra finalità altrettanto diffusa è quella a sfondo sessuale. “Si tratta di una finalità – riprende Cipolla – squisitamente di genere. Le vittime sono prevalentemente donne, molte delle quali minorenni. Attorno allo sfruttamento sessuale ruota un discreto volume di affari. Ciò – continua – comporta un coinvolgimento di vittime numericamente straordinario. Soltanto in Italia, si stima che ci siano tra le 30 e le 35 mila schiave della prostituzione, provenienti prevalentemente dalla Nigeria e da alcuni paesi dell’Est Europa.
Nello sfruttamento sessuale vengono coinvolti pure tanti bambini, fonte privilegiata nel losco business della pedofilia”.
Ma la formula vincente per i trafficanti di vite umane è rappresentato dal binomio sfruttamento lavorativo/sessuale insieme, al quale sono costrette soprattutto le donne.

Attività efferate

L’aspetto più brutale, ma fortunatamente meno diffuso per motivi logistici, è rappresentato dal traffico di organi; organi delle centinaia di migranti.
Un fenomeno molto sommerso alimentato non solo dall’efferatezza di chi lo perpetra, ma anche dal silenzio assordante di chi sa e non denuncia. Ci riferiamo a chi è ufficialmente preposto alla pratica e al controllo del trapianto legale di organi”.
Soprattutto i giovani, preferibilmente minori, vengono utilizzati in attività delinquenziali. In modo particolare, vengono coinvolti nel traffico di droga.
La più recente forma di tratta conosciuta allo stato attuale, invece, è l’usura, che si contestualizza e amalgama con tutte le altre forme di sfruttamento legate alla tratta.
Anche se non criminale, ma non certo lecito è lo sfruttamento finalizzato all’accattonaggio. Sfruttamento che viene svolto all’interno delle stesse comunità e che non ha dietro un’organizzazione particolarmente articolata.

Esistono, poi, forme di tratta meno visibili rispetto ad altre, come i matrimoni forzati, le gravidanze forzate, la servitù domestica, le adozioni internazionali, i bambini soldato nei contesti di guerra e uomini costretti a divenire soldati.

La tratta e lo sfruttamento sul lavoro


Si riferisce ad un insieme di attività lavorative sub-qualificate nelle quali le vittime sono costrette a offrire la propria prestazione lavorativa contro la propria volontà, sotto la minaccia di violenza fisica e psicologica, nonché altre forme di punizione.
Forme di lavori forzati che possono includere, sfruttamento della manodopera agricola e industriale, servitù domestica e accattonaggio.
Gli aguzzini intascano la maggior parte dei guadagni delle vittime.
Gli elementi che emergono sono la dipendenza dal datore di lavoro, la mancanza di ispezioni e meccanismi di denuncia, un limitato accesso a meccanismi di supporto e, soprattutto, le condizioni disumane sotto il profilo igienico sanitario e ambientale, economico, giuridico, morale, nonché capolarato. Tutte condizioni imposte esclusivamente attraverso la coercizione. Condizioni fuori dalla portata degli ispettori del lavoro, ‘i grandi assenti’.
Il lavoro forzato attraverso la tratta produce profitti rilevanti, spesso connessi ad altre attività illecite.

Schiavi contadini

In Sicilia, il settore che assorbe il maggior numero di uomini/schiavi è quello agricolo, vista la vocazione specifica della nostra terra.  
“Uno sfruttamento – afferma Giuseppe Scirò della Flai Cgil – attuato da organizzazioni provenienti dalla Romania con la complicità di settori criminali locali. In questo caso è stata riscontrata una rete, che vede imputate persone per tratta finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e lavorativo”. Eclatante rimane il caso delle serre di Vittoria, dove giovani rumene vengono costrette a lavorare semi nude in ambienti in cui si dovrebbe entrare con le tute ermetiche, tanto è alto il tasso di nocività delle sostanze utilizzate. Nel settore agricolo in Sicilia si riscontra un consistente flusso di lavoratori provenienti dalla Romania, Bulgaria, e India.
L’attività degli ispettorati al lavoro dovrebbe prevenire il fenomeno. Sembra, però, che l’attenzione rivolta dagli organi ispettivi sia bassissima.

Cosa fa chi è preposto alla prevenzione?


“Diciamo – incalza Scirò – che l’azione degli Ispettori del lavoro è quasi inesistente per via della loro condizione di totale destrutturazione e sottorganico. Situazione che si è venuta a determinare per via delle scelte politiche, operate soprattutto in Sicilia, nell’ultimo decennio. Dopo l’approvazione della L. 199/2016  – continua – la competenza è passata alle forze di Polizia Giudiziaria le quali agiscono attraverso strumenti repressivi, a seguito di indagini, all’interno di meccanismi operativi complessi. C’è, al contempo, un altro grande assente, l’Inps che avrebbe gli strumenti per intervenire attraverso il monitoraggio dei versamenti contributivi, nel settore agricolo e non solo. Ma l’attività da parte dell’Inps è al quanto marginale. Le questioni – aggiunge il responsabile Flai – devono essere affrontate attraverso politiche sociali locali, invece, spesso, anche per i Comuni questi fenomeni sono invisibili”.

Responsabilità diffuse

E così, lo sfruttamento lavorativo dilaga su tutto il territorio nazionale. Casi gravi sono emersi in Piemonte, Toscana e Veneto.
“E’ difficile – chiosa – ribaltare questo sistema all’interno di un contesto globale dove il primato dell’economia sembra prevalere su tutto e tutti. La legge 199, per la quale la Cgil si è tanto battuta, rappresenta uno strumento valido di contrasto che va applicata con molta più determinazione. Ma occorre sviluppare pure la coscienza di tutti, a partire dal fatto che i cittadini devono avere la certezza che i prodotti che acquistano siano sani, puliti e giusti. Per questo – prosegue il sindacalista – occorre avere certificazioni credibili in modo da creare lo spartiacque tra aziende e filiere sane e quelle spregiudicate. Questo aspetto chiama in causa anche la responsabilità della GDO che dovrebbe promuovere le filiere sane e valorizzare il rispetto dei lavoratori e delle lavoratrici in tutta la filiera”. Tutto questo aiuterebbe un processo virtuoso in grado di rovesciare il paradigma dell’abbrutimento sociale e umano.

Le leggi non vengono applicate


Ma occorre pure applicare le leggi. “Abbiamo più volte citato la L.199/2016, detta legge contro il caporalato. Si tratta della riforma dell’Art. 603/bis, introdotto nel 2012 che però è sempre risultata di difficile applicazione perché cercava di contrastare il caporalato solo nella sua dimensione di interposizione illecita di manodopera”.
Dunque, le leggi e le misure di contrasto alla tratta di esseri umani e specifici dispositivi normativi per la tutela delle vittime esistono. Purtroppo, però conclude Scirò – le leggi sull’immigrazione, come la Bossi-Fini e il Decreto Sicurezza di Salvini rappresentano norme che di fatto indeboliscono la pozione dei diritti delle persone immigrate, esponendoli a rischi elevati di sfruttamento lavorativo e lavoro irregolare a causa della loro ricattabilità e marginalità sociale”.


Tratta a sfondo sessuale


Prigioniere tra mura fatiscenti. Buttate per strada alla mercé del freddo, della pioggia, del vento, del sole cocente. Vittime di botte, minacce, ricatti continui. Costrette a vendere il proprio corpo, la propria anima, la purezza adolescenziale.
E’ il destino delle migliaia di giovanissime donne, che arrivano dalle aree più depresse del pianeta, puntando sulla Sicilia come terra di approdo e varco verso un futuro migliore, senza sapere di essere già state destinate, ancor prima di partire, a una terra che le rigetterà in una realtà abietta.
In meno di tre anni, il numero di vittime di tratta per sfruttamento sessuale, è aumentato del 600 per cento. Sono passate da 1.500 nel 2014 a 11.000 lo scorso anno in tutta Italia.

Le ragazze nigeriane, le maggiori vittime


Circa il 70 per cento delle ragazze costrette alla prostituzione attraverso la tratta proviene dalla Nigeria, il cui territorio è caratterizzato dalla presenza di un’organizzazione criminale molto forte, istituzionalizzata, militarizzata ed estesa sul piano internazionale, nonché ricca di intrecci con le mafie dei paesi di destinazione. Le ragazze vengono attratte con l’inganno, l’illusione e il miraggio di una vita migliore, di un lavoro dignitoso. Però, tutto ciò comporterà loro un esborso non indifferente di denaro (30, 40 mila Euro). Denaro che gli verrà anticipato dall’organizzazione e che loro si impegneranno a restituire con il proprio guadagno non appena arrivate nel paese di destinazione. “Le ragazze – spiega Cipolla – si impegnano a contrarre il debito, attraverso un rito vudù, che si consacra attraverso un giuramento in presenza di un sacerdote vudù. Se non si osserva fino in fondo, arriveranno le punizioni più cruente dagli dei.
Recentemente, il grande sacerdote, ‘Oba’, che rappresenta il principe, nonché il capo spirituale, ha sciolto questo giuramento. Le ragazze già arrivate in Italia continuano, però, a essere vittime della rete in cui erano già cadute”.

Il versante rumeno

L’altra risorsa nel settore è rappresentato dalle ragazze rumene. Nonostante, negli ultimi anni, l’economia rumena abbia conosciuto una discreta crescita, gran parte della popolazione è rimasta in una situazione di forte arretratezza. Questo stato di deprivazione socio-economica in Romania affligge principalmente le fasce giovanili che risiedono nelle aree più arretrate, come la Muntenia, la Moldova e i distretti di Bacau, Galati, Braila, Neamt, Suceava, che diventano preda vulnerabile, facile da attrarre e manipolare.

L’attività delle associazioni


Da anni, l’associazione ‘Il Pellegrino’, come altre realtà simili, lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, innescando un meccanismo complesso e articolato per sottrarre le vittime. “Le ragazze arrivano a noi attraverso una serie di canali – racconta Gianpiero Di Fiore, presidente dell’associazione – come le Asp, le Forze dell’Ordine. Finché c’erano gli sbarchi, interveniva pure l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni che individuava le associazioni alle quali affidare le giovani vittime. Oggi – continua – in Sicilia, ci avvaliamo di tre poli: la cooperativa Proxima, che opera sulla Sicilia Sud Orientale, in particolare Ragusa, Siracusa, Catania. Sul messinese opera, invece, l’associazione Penelope. Infine, nella Sicilia occidentale, operiamo con il Progetto Maddalena dell’associazione Casa dei giovani. Un altro canale importante – aggiunge – è rappresentato dal passa parola, basato sulla fiducia. Non è istituzionale, ma è molto efficace”.
In fondo quello della prostituzione non realizza grosso volume di affari.

Di mafia in mafia

Così, in parte, il business, viene ceduto in sub appalto dalle mafie locali alle mafie dei paesi di provenienza, che esercitano l’attività con un surplus di guadagno. “Le ragazze della Favorita – aggiunge Di Fiore – devono pagare alla maman il posto al sole, il posto all’ombra, l’esposizione migliore, lo sgabello. Insomma, una forma di pizzo di una meschineria allucinante”.
Le violenze inferte alle giovani prostitute non finiscono qui. “Negli ultimi mesi – dice Gianpiero Di Fiore – abbiamo visto calare il numero delle ragazze nigeriane destinate alla strada. Questo, però, non significa che è diminuito il fenomeno, ma semplicemente che sono state trasferite dalla strada in case chiuse, squallidi appartamenti, in particolare, del Ballarò, dove vengono sfruttate e segregate giorno e notte e private di tutto. Questa scelta viene imposta per evitare ogni contatto con l’esterno che possa renderle intercettabili dagli organi preposti alla lotta contro la prostituzione.

Il primo carnefice? La persona più cara


Nel caso delle nigeriane – continua – la figura di riferimento è la ‘maman’, una connazionale adulta, arrivata in Italia molti anni prima, con una posizione consolidata. Nel caso delle ragazze provenienti dall’est Europa, invece, il referente è il fidanzato, che esercita sulla giovane una forte pressione psicologica, oltre che violenza fisica”.
Alla realtà agghiacciante delle sfruttate, vista la caratteristica polivalente della tratta di cui abbiamo parlato, su più fronti: lavoro e prostituzione. E’ il caso delle ragazze impiegate lavorativamente in agricoltura, costrette a vivere in campagna, dove svolgono mansioni diurne e mansioni notturne oppure il caso delle domestiche, impiegate presso famiglie abbienti e costrette a soddisfare gli appetiti sessuali dei maschi di casa.
Vittime, comunque, non sono soltanto le donne, ma anche molti ragazzi minori immigrati non accompagnati, soprattutto al Nord, nonché bambini, designati alla pedofilia.

La tratta e il traffico di organi


L’altro business della tratta, meno visibile ad occhio nudo, è rappresentato dal traffico clandestino di organi. Il 20 per cento dei trapianti al mondo proviene dal traffico clandestino.
1,5 miliardi di dollari è il giro d’affari del traffico internazionale. Un mercato che vede coinvolte nel mondo migliaia di persone.
La fondazione Global Financial Integrity ha stimato tra i 6 e i 12 mila trapianti illegali effettuati ogni anno nel mondo. Il rene è l’organo più richiesto e di più facile espianto e conservazione. Seguono fegato, cuore e polmoni. I paesi più coinvolti sono quelli del sud del mondo, mentre la ‘richiesta’ arriva da quelli più ricchi: Europa, Stati Uniti, Canada, Australia.

Organi dai corpi dei migranti

 
Se il fenomeno del traffico illegale di organi è noto da decenni, negli ultimi anni assistiamo a un fenomeno del tutto nuovo: lo sfruttamento, anche per il commercio di organi, dei corpi dei migranti. Si tratta delle centinaia che non ce la fanno e che vengono uccise ancora prima di cominciare la traversata perché non hanno soldi o durante il viaggio o, addirittura, nei paesi di destinazione in cui sono arrivati. Non è possibile stabilire quante persone spariscono dai villaggi africani per mano della mafia nera, collusa con le mafie dei paesi occidentali, che rappresentano il paese ricevente.
Secondo il racconto agghiacciante di Medhanie Mered, il criminale libico arrestato a maggio in Sudan, queste persone  vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli al Cairo per una somma di circa 15.000 dollari. Gli egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche.

Organi da bambini

Sfruttati due volte dalle organizzazioni criminali: prima facendosi pagare i ‘viaggi della speranza’ e poi usati, letteralmente, come carne da macello.
Il guadagno più cospicuo va ai chirurghi senza scrupoli; tra i 50 e i 100 mila euro per ogni trapianto. Tra i 5 e i 10 mila dollari, invece, è il guadagno del ‘broker’ o passatore. Mentre il paziente, l’utilizzatore finale dell’organo, spende tra i 100 e i 200 mila dollari.
I bambini vengono utilizzati pure nel traffico di organi. Anzi, rappresentano la fonte privilegiata dalla quale attingere materia prima. “Noi – racconta il responsabile del Ciss – ci siamo imbattuti in un traffico di cornee in Guatemala. Sembra che le cornee dei bambini siano preferite per il trapianto rispetto ad una cornea adulta. E non solo in Guatemala. Pensiamo a quanti bambini scompaiono nelle aree più depresse del mondo”.

Soggetti coinvolti


Nel mezzo del traffico di organi ci sono l’AIDO, il Centro Trapianti e le Commissioni Parlamentari che ci assordano con tanto silenzio. Su questo turpe crimine, mai una parola. Anzi, disapprovazione per chi cerca di stanarlo.
Le mafie internazionali “coprono” i loro traffici con astuzia.
Il traffico d’organi è un mercato che segue le regole del liberismo: si compra dove le materie prime costano poco e si opera sapientemente affinché le condizioni di povertà mantengano quelle aree come serbatoi di materie prime a basso costo.
Già nel 2000, l’allora ministro della Famiglia Guidi parlava di traffico illegale di organi legato alle organizzazioni che commerciano in migranti, anche nel nostro paese. Parlava di cliniche della morte anche in Italia. Verità agghiacciante che l’ex ministro conferma ancora oggi. “Centinaia di minori spariscono ogni anno e finiscono nel traffico di organi” – asseriva e asserisce -.

Tratta per usura
Le vittime cominciano a diventare tali quando il proprio lavoro è richiesto come una forma di retribuzione per un prestito o un servizio nel quale i termini e le condizioni non sono state definiti o nel quale il valore iniziale dei servizi prestati alla vittima sono stati valutati a prescindere della liquidazione effettiva del debito e, comunque, quando il valore finale del proprio lavoro risulta più grande della somma originaria prestata.


Piccoli schiavi invisibili
di  Save the Children
Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, diffonde la XIII edizione del rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2019”. È una fotografia aggiornata della tratta e dello sfruttamento dei minori in Italia, ed in particolare del sistema dello sfruttamento sessuale e della specifica vulnerabilità delle sue vittime, in larga maggioranza di origine straniera.
Per gentile concessione dell’organizzazione, ne pubblichiamo alcuni stralci.

Documento di Save the children


Un quarto delle vittime di tratta presunte o identificate in Europa è costituito da minorenni e l’obiettivo principale dei trafficanti di esseri umani è lo sfruttamento sessuale. Il 56% dei casi riguarda, infatti, la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, con un pur consistente 26% legato allo sfruttamento lavorativo. 1 vittima su 4 ha meno di 18 anni, 2 su 3 sono donne o ragazze.
In Italia si registra un numero sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9 al 13%. Un trend in aumento confermato anche dal riscontro diretto degli operatori del progetto Vie d’Uscita di Save the Children. Nel 2018, in sole 5 regioni, hanno intercettato 2.210 vittime di tratta minori e neo-maggiorenni, un numero cresciuto del 58% rispetto alle 1.396 vittime del 2017.

Minori salvati

Benché questi dati rappresentino solo la superficie di un fenomeno perlopiù sommerso, la sempre più giovane età delle vittime e la prevalenza dello sfruttamento di tipo sessuale trova conferma anche tra i 74 nuovi casi di minori che sono riusciti a uscire dal sistema di sfruttamento nel 2018 nel nostro Paese e sono stati presi in carico dai programmi di protezione istituzionale, soprattutto in Piemonte (18) e Sicilia (16). Uno su 5, infatti, non supera in età i 15 anni e lo sfruttamento sessuale riguarda quasi 9 casi su 1.
Anche se non rappresenta il principale obiettivo del sistema della tratta, lo sfruttamento lavorativo in Italia è in crescita e nel 2018 gli illeciti registrati con minori vittime, sia italiani che stranieri, sono stati 263, per il 76% nel settore terziario. Il numero maggiore di violazioni sono state segnalate nei servizi di alloggio e ristorazione (115) e nel commercio (39), nel settore manifatturiero (36), nell’agricoltura e nell’edilizia.
Il business dello sfruttamento sessuale nel nostro Paese recluta le sue vittime in Nigeria, Romania, Bulgaria e Albania, e cambia modalità operative per rimanere sommerso.

Un segno indelebile


Lo sfruttamento sessuale di vittime così giovani e vulnerabili lascia nelle loro vite un segno indelebile con gravissime conseguenze. Anche nel caso più fortunato di una fuoriuscita, sono diversi gli ostacoli che le giovanissime vittime devono superare durante il percorso di inclusione e integrazione indispensabile per poter costruire un futuro dignitoso e autonomo.

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