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Truman – Un vero amico è per sempre

di Redazione

‘Un vero amico è per sempre’ (Spagna/Argentina, 2015) di Cesc Gay con Ricardo Darín, Javier Cámara, Dolores Fonzi e Oriol Pla.

 

di Liliana Serio

Due elementi: cani e malattia terminale. A prima vista questo connubio sembra il cocktail perfetto per la commedia strappalacrime ormai vista e rivista. Non però se la regia è affidata al noto catalano Cesc Gay, apprezzato per pellicole quali Hotel Room, En la ciudad e Una pistola en cada mano, e gli attori principali Ricardo Darín (Julián) e Javier Cámara (Tomás) vengono direttamente da Marte!

Non è un caso, infatti, che la pellicola abbia vinto 5 Premi Goya come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale, miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista. Non vi bastano? Allora aggiungiamo il Premio ex aequo come miglior attore al Festival di San Sebastian per i due interpreti Ricardo Darín e Javier Cámara.

Truman – Un vero amico è per sempre: la tramaTruman, un vero amico è per sempre - InchiestaSicilia

Questa commedia, uscita ad aprile nelle sale cinematografiche italiane, racconta una storia d’amicizia al maschile tra Julián, attore argentino che vive a Madrid, e il madrileno Tomás, insegnante che vive in Canada, che lascia la sua casa e la sua famiglia per raggiungere il suo amico di sempre, malato terminale. Quell’amico che non vedi spesso, ma che sai che è lì, quello che ti ha insegnato a “non chiedere mai niente in cambio”, quello che adesso che è malato ha bisogno che tu gli stia accanto.

Quattro giorni, questo è il tempo che resta a Julián e Tomás per affrontare insieme un ultimo viaggio, quello risolutivo atto a riabbracciare un figlio, ad onorare qualche replica teatrale e soprattutto a sistemare l’inseparabile Truman presso una nuova famiglia. Sì, Truman. Perché questa amicizia è a tre. Truman non è soltanto il cane e compagno fedele di Julián che dà il titolo al film, ma è dichiaratamente un figlio che resta quando il sipario della vita cala e tutti se ne vanno, lasciando la platea vuota. Allora 4 giorni, un tempo sospeso che, tramite una sapiente regia e a due magici attori, si dilata, commuove senza eccedere, riesce con sottile ironia a rendere leggero il dramma e il distacco, regalandoci una piccola chicca da non perdere.

Il gioco del silenzio

Julián e Tomás sono grandi amici, sono due persone che stanno agli antipodi: dinamico, donnaiolo e scapestrato il primo, bravo ragazzo, mite e generoso il secondo. Nonostante le differenze caratteriali, anzi forse proprio grazie a queste, i due grandi amici riescono a rendere un tragico spaccato di vita in maniera ineccepibile con gesti semplici, ma al contempo concreti, con pochi dialoghi carichi di significato, con sguardi di intesa pregni di mille parole e di sentimenti sottesi, dando vita ad un muto colloquio che si carica di un’emozione che si manifesta fisicamente con un leggero sfiorarsi.

E allora, poco importa se rimangono solo pochi giorni, non c’è tempo per recriminare. In fin dei conti il tumore, questo male che incute paura solo a nominarlo, non è altro che un’estremizzazione e una moderazione dei caratteri di Julián e Tomás. Ed è giusto così, perché le conversioni dell’ultimo minuto, quelle che si fanno strada prepotenti quando stai guardando dritto in faccia la morte, non hanno lo stesso sapore, la stessa valenza di una vita condotta fino alla fine con il misurato vigore della coerenza.

Javier Cámara, portavoce di Cesc Gay e allo stesso tempo punto di vista dello spettatore, è autorizzato a volte a lasciarsi andare un po’ alla pietà, a volte a fare un passo indietro, perché a cadere nella trappola del patetico il passo è breve, mentre è necessario mantenere questo pseudo equilibrio per arrivare dove si vuole: la sistemazione di Truman presso una famiglia, non una qualsiasi ovviamente, che lo possa amare e curare come ha fatto Julián per tanti anni.

Tomás sa dove Julián lo sta conducendo, sa benissimo dove e come si concluderà questo viaggio e fa comunque finta di non saperlo. Neanche una parola, perché Truman – Un vero amico è per sempre è una pellicola al maschile, incentrata su un’amicizia silente, e allora Tomás finge di farsi trascinare su e giù per questa via crucis, che è più sua che non dell’amico in fin di vita: il veterinario, il medico e la sospensione della cura, la famiglia adottiva per Truman, le pompe funebri, il lavoro, il viaggio ad Amsterdam per andare a trovare il figlio che, come ci si aspetta da un maschio, non dice nulla al padre che si sta accomiatando, l’ultima cena con la cugina di Julián (interpretata da Dolores Fonzi) che lo odia e a cui, nonostante tutto, si aggrappa con disperazione.

Siamo alla fine e senza rendercene conto torniamo all’inizio perché Truman è sempre lì in attesa. È un ingombrante terzo incomodo, simbolo del non detto, perché si sa: i cani non parlano. E che mi dite di due amici? E di un padre e un figlio? Ma alla fine va bene così, perché non tutto va detto, non tutto si può dire a parole, e allora a volte è meglio tacere.

 

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