Questa settimana i film consigliati dal nostro critico Massimo Arciresi sono…
Un americano a Parigi (An American in Paris, USA, 1951) di Vincente Minnelli con Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant, Nina Foch
Riedizione restaurata di uno dei frutti più saporiti del sodalizio Minnelli/Kelly, ineguagliato attore, ballerino e coreografo. Un premiato musical che fa virtù della propria ingenuità narrativa, allestendo bei numeri su partiture di Gershwin, l’ultimo dei quali, durevole, composito, scenograficamente pregiato (grazie al lavoro di Preston Ames e Cedric Gibbons), conduce piacevolmente alla fine del film. La trama gira intorno a un pittore statunitense squattrinato stabilitosi nella Ville Lumière dopo la guerra per nutrire la propria arte; adocchiato da una ricca signora che vuol valorizzarlo (Foch), s’innamora di una commessa (Caron) che andrà in sposa al cantante che la protesse in periodo bellico (il vivace Georges Guétary), amico di un pianista (un bravissimo Levant). Fotografia a colori di Alfred Gilks.
Oppure…
In nome di mia figlia (Au nom de ma fille, Francia/Germania, 2016) di Vincent Garenq con Daniel Auteuil, Marie-Josée Croze, Sebastian Koch, Serge Feuillard
Se non fosse per una certa pigrizia registica (alcune scene non sono sbozzate a dovere), questa ricostruzione di Garenq (Baby Love) di un cupo fatto di cronaca transnazionale, le cui conseguenze si sono trascinate per 30 anni, costituirebbe un buon esempio nel suo genere. Un uomo combatte con ogni mezzo legale disponibile perché la figlia quattordicenne morta in circostanze misteriose ottenga giustizia: le responsabilità del patrigno emergono pian piano, crudamente. La riuscita del film, che dissipa parte delle sue potenzialità strada facendo, poggia perlopiù sulle solide spalle dell’irriducibile Auteuil.
La frase della settimana
«Non si faccia intimidire!» A meta deli anni ’10 del secolo scorso il professor Littlewood (Toby Jones) incoraggia Ramanujan (Dev Patel), indiano di umili origini ma fin troppo consapevole del suo sconfinato talento nella matematica, a entrare nell’imponente cortile di Cambridge, poco prima di conoscere personalmente un altro docente, Hardy (Jeremy Irons), che diventerà il suo mentore nella biografia senza guizzi ma onesta L’uomo che vide l’infinito (The Man Who Knew Infinity, GB, 2015) di Matt Brown.