Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Un cammino verso la gestione condivisa dei beni comuni a Palermo

Beni comuni a Palermo. Il patrimonio immobiliare del comune ammonta a circa 10 mila beni, classificati come appartamenti, scuole, magazzini, aree verdi e altro...

di Redazione

Beni comuni a Palermo. Il patrimonio immobiliare del comune di Palermo ammonta a circa 10 mila beni, classificati come appartamenti, scuole, magazzini, aree verdi e altro

 

di  Mario Guglielmino*

Non tutto questo patrimonio è valorizzato, disponibile all’uso. Spesso anzi è abbandonato all’incuria o al disinteresse. La stessa sorte seguono altri immobili di  proprietà regionale, per esempio ex ospedali , o statale, come alcune caserme. Non pochi, inoltre, sono gli immobili di proprietà di enti ecclesiastici che ricadono, in parte e di fatto, anche nella giurisdizione e nella sfera di gestione di competenza pubblica.
Una assemblea cittadina si è svolta giorno 12 dicembre a Palermo, nell’atrio del Palazzo delle Aquile, grazie  alla sollecitazione dell’assessore alle attività  sociali e beni  comuni, dr. Giuseppe  Mattina, in collaborazione  con LABSUS, Laboratorio per la sussidiarietà, e Cesvop, Centro servizi per il volontariato. Una iniziativa dell’assessore Giuseppe  Mattina , con delega  alle attività sociali e bene comune, proprio per  focalizzare il tema e per  proporre l’attivazione  di alcuni strumenti  atti a valorizzare, per l’utilità comune, quelli che tra  questi beni rimangono inutilizzati.
Questi beni, in una città come Palermo affetta da  numerose emergenze e bisogni  sul piano sociale, potrebbero  significare, ove ben utilizzati, la pronta risposta ad alcune di queste pressanti istanze sociali ed economiche. Prendendo spunto dagli studi e dal lavoro svolto in molti comuni italiani dalla rete LABSUS ,  è intento  dell’assessore portare anche a  Palermo il Regolamento che il Laboratorio per la sussidiarietà ha studiato, pensato e proposto in diverse altre realtà di piccoli e grandi comuni.
L’idea è quella di un patto di collaborazione tra cittadini e amministrazione per il recupero  e l’uso di questi beni, secondo  il principio dell’interesse generale, al fine di non lasciarli giacere inutilmente.

L’esperienza ci dice che molti cittadini attivi, associazioni di volontariato, portatori di interesse, sono  disponibili a prendere in carico la cura dei tali immobili e beni, per fini sociali . Spesso però le pastoie  burocratiche impediscono e non facilitano affatto i processi di tali percorsi di recupero e condivisione nella gestione. Alcuni regolamenti , a Palermo, sono  già posti in essere, come quello sperimentale sugli usi civici, oppure quello sui beni confiscati alla mafia. Ma i beni comuni coinvolgono una sfera  molto più ampia di realtà e di possibilità. Guardiamo, ad esempio, per un attimo al problema delle occupazioni abusive, non solo a  fini abitativi, ma anche per fini sociali, come centri sociali di aggregazione e di servizi.
Le parole del prof. Arena, ordinario di diritto civile, fondatore del LABSUS , sono molto chiare, a fronte del problema delle occupazioni abusive, e provocatorie, pur proposte con il suo personale stile pacato e sobrio, occorre  domandarsi  se sia più illegale occupare degli immobili inutilizzati, oppure lasciarli all’incuria e all’abbandono. E’ un richiamo etico, innanzitutto, al buon uso dei beni  comuni , che non possono essere lasciati nel dimenticatoio, quasi che fossero assenti o di nessuno.
Tali beni possono essere recuperati  alla vita e all’utilità, attraverso un richiamo alla loro funzione di  risposta agli interessi  generali, recuperando ciò con un apposito regolamento che  impegni  amministrazione comunale  e cittadini, in parità di ruolo, a gestire quel bene, attraverso progetti  funzionali condivisi.
Il regolamento, che attua il principio di sussidiarietà, ratificato anche a livello europeo per la capacità di mettere in moto le energie provenienti dalla cittadinanza diffusa e dal basso, esiste, ed è già stato  approvato ed è in uso in numerosi  comuni italiani. All’interno del regolamento, si distinguono due  grosse  aree: una dedicata a quelle  procedure che permettono e facilitano l’intervento  di cittadini e gruppi su progetti  semplici, interventi di recupero e gestione spazi verdi, giardini, altri servizi  utili; e l’altro grande  settore che riguarda gli interventi  progettualmente più complessi, su grandi immobili da  ecuperare, ristrutturare  e rimettere  in funzione,  con gli strumenti dell’autorecupero o della compartecipazione. Il tutto  finalizzato alla realizzazione  degli interessi riconosciuti come generali dalla collettività.
Tutto ciò superando le prevedibili  diffidenze e timori, e l’impreparazione culturale della classe politica e dirigente più legata alla concezione della politica clientelare e incentrata sui favori,  ancora abbarbicata su posizioni antiquate. La cosa  più difficile è proprio quella di superare il timore degli amministratori di perdere una parte del loro potere  o del loro consenso. Ma tali paure  si dissolvono, come anche il prof. Arena racconta  per la sua  esperienza, quando il regolamento  dispone sul tavolo le soluzioni a problemi  annosi, rivelandosi  come efficace e superando le diffidenze, e la  comunità locale risponde, anche  attraverso la maggiore consapevolezza  della necessità  di curare di più e meglio l’ambiente e il territorio , non più come cose anonime ma facenti parte del proprio ambiente  di vita.
Il tavolo di lavoro idealmente costituito con la cittadinanza, in questa assemblea molto partecipata, continua adesso con una serie di incontri del prof. Arena con la giunta, il consiglio comunale, con i dirigenti dell’amministrazione palermitana. La convinzione è che soltanto una percezione condivisa  del problema  e delle possibili soluzioni, possa aprire alla piena  applicazione delle  potenzialità dei patti di collaborazione  con i cittadini per una amministrazione condivisa dei beni comuni. La speranza, è che i nostri amministratori  si rivelino pronti e sensibili a una modalità di lavoro che già in Europa e altre parti d’Italia è una best practice.
La riflessione è aperta, ed è sempre  più impellente dare risposta alla questione della partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, nella caduta e nella palese insufficienza  del  solo vecchio paradigma della rappresentanza. Occorre prendere atto  che, nell’era  della  complessità , non è più sufficiente la delega o la rappresentanza, per  affrontare gli enormi problemi  della gestione  di una  città metropolitana , e, di riflesso, di una regione o di uno  stato. Ma la compartecipazione attiva  e costante dei cittadini è requisito necessario per una nuova  politica  della  quotidianità e della gestione dei beni comuni.

 

*Presidente associazione Voci attive Palermo

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