Beni comuni a Palermo. Il patrimonio immobiliare del comune di Palermo ammonta a circa 10 mila beni, classificati come appartamenti, scuole, magazzini, aree verdi e altro
di Mario Guglielmino*
Non tutto questo patrimonio è valorizzato, disponibile all’uso. Spesso anzi è abbandonato all’incuria o al disinteresse. La stessa sorte seguono altri immobili di proprietà regionale, per esempio ex ospedali , o statale, come alcune caserme. Non pochi, inoltre, sono gli immobili di proprietà di enti ecclesiastici che ricadono, in parte e di fatto, anche nella giurisdizione e nella sfera di gestione di competenza pubblica.
Una assemblea cittadina si è svolta giorno 12 dicembre a Palermo, nell’atrio del Palazzo delle Aquile, grazie alla sollecitazione dell’assessore alle attività sociali e beni comuni, dr. Giuseppe Mattina, in collaborazione con LABSUS, Laboratorio per la sussidiarietà, e Cesvop, Centro servizi per il volontariato. Una iniziativa dell’assessore Giuseppe Mattina , con delega alle attività sociali e bene comune, proprio per focalizzare il tema e per proporre l’attivazione di alcuni strumenti atti a valorizzare, per l’utilità comune, quelli che tra questi beni rimangono inutilizzati.
Questi beni, in una città come Palermo affetta da numerose emergenze e bisogni sul piano sociale, potrebbero significare, ove ben utilizzati, la pronta risposta ad alcune di queste pressanti istanze sociali ed economiche. Prendendo spunto dagli studi e dal lavoro svolto in molti comuni italiani dalla rete LABSUS , è intento dell’assessore portare anche a Palermo il Regolamento che il Laboratorio per la sussidiarietà ha studiato, pensato e proposto in diverse altre realtà di piccoli e grandi comuni.
L’idea è quella di un patto di collaborazione tra cittadini e amministrazione per il recupero e l’uso di questi beni, secondo il principio dell’interesse generale, al fine di non lasciarli giacere inutilmente.
L’esperienza ci dice che molti cittadini attivi, associazioni di volontariato, portatori di interesse, sono disponibili a prendere in carico la cura dei tali immobili e beni, per fini sociali . Spesso però le pastoie burocratiche impediscono e non facilitano affatto i processi di tali percorsi di recupero e condivisione nella gestione. Alcuni regolamenti , a Palermo, sono già posti in essere, come quello sperimentale sugli usi civici, oppure quello sui beni confiscati alla mafia. Ma i beni comuni coinvolgono una sfera molto più ampia di realtà e di possibilità. Guardiamo, ad esempio, per un attimo al problema delle occupazioni abusive, non solo a fini abitativi, ma anche per fini sociali, come centri sociali di aggregazione e di servizi.
Le parole del prof. Arena, ordinario di diritto civile, fondatore del LABSUS , sono molto chiare, a fronte del problema delle occupazioni abusive, e provocatorie, pur proposte con il suo personale stile pacato e sobrio, occorre domandarsi se sia più illegale occupare degli immobili inutilizzati, oppure lasciarli all’incuria e all’abbandono. E’ un richiamo etico, innanzitutto, al buon uso dei beni comuni , che non possono essere lasciati nel dimenticatoio, quasi che fossero assenti o di nessuno.
Tali beni possono essere recuperati alla vita e all’utilità, attraverso un richiamo alla loro funzione di risposta agli interessi generali, recuperando ciò con un apposito regolamento che impegni amministrazione comunale e cittadini, in parità di ruolo, a gestire quel bene, attraverso progetti funzionali condivisi.
Il regolamento, che attua il principio di sussidiarietà, ratificato anche a livello europeo per la capacità di mettere in moto le energie provenienti dalla cittadinanza diffusa e dal basso, esiste, ed è già stato approvato ed è in uso in numerosi comuni italiani. All’interno del regolamento, si distinguono due grosse aree: una dedicata a quelle procedure che permettono e facilitano l’intervento di cittadini e gruppi su progetti semplici, interventi di recupero e gestione spazi verdi, giardini, altri servizi utili; e l’altro grande settore che riguarda gli interventi progettualmente più complessi, su grandi immobili da ecuperare, ristrutturare e rimettere in funzione, con gli strumenti dell’autorecupero o della compartecipazione. Il tutto finalizzato alla realizzazione degli interessi riconosciuti come generali dalla collettività.
Tutto ciò superando le prevedibili diffidenze e timori, e l’impreparazione culturale della classe politica e dirigente più legata alla concezione della politica clientelare e incentrata sui favori, ancora abbarbicata su posizioni antiquate. La cosa più difficile è proprio quella di superare il timore degli amministratori di perdere una parte del loro potere o del loro consenso. Ma tali paure si dissolvono, come anche il prof. Arena racconta per la sua esperienza, quando il regolamento dispone sul tavolo le soluzioni a problemi annosi, rivelandosi come efficace e superando le diffidenze, e la comunità locale risponde, anche attraverso la maggiore consapevolezza della necessità di curare di più e meglio l’ambiente e il territorio , non più come cose anonime ma facenti parte del proprio ambiente di vita.
Il tavolo di lavoro idealmente costituito con la cittadinanza, in questa assemblea molto partecipata, continua adesso con una serie di incontri del prof. Arena con la giunta, il consiglio comunale, con i dirigenti dell’amministrazione palermitana. La convinzione è che soltanto una percezione condivisa del problema e delle possibili soluzioni, possa aprire alla piena applicazione delle potenzialità dei patti di collaborazione con i cittadini per una amministrazione condivisa dei beni comuni. La speranza, è che i nostri amministratori si rivelino pronti e sensibili a una modalità di lavoro che già in Europa e altre parti d’Italia è una best practice.
La riflessione è aperta, ed è sempre più impellente dare risposta alla questione della partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, nella caduta e nella palese insufficienza del solo vecchio paradigma della rappresentanza. Occorre prendere atto che, nell’era della complessità , non è più sufficiente la delega o la rappresentanza, per affrontare gli enormi problemi della gestione di una città metropolitana , e, di riflesso, di una regione o di uno stato. Ma la compartecipazione attiva e costante dei cittadini è requisito necessario per una nuova politica della quotidianità e della gestione dei beni comuni.
*Presidente associazione Voci attive Palermo