Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Università top 10? Quali i parametri da tenere in considerazione?

Le Università siciliane godono di buona salute? Che reputazione hanno a livello internazionale? Commentiamo con la professoressa Daniela Mainenti la classifica del Censis.

di Lavinia Castelli

Abbiamo mai riflettuto sulla reale importanza che ha l’Università nell’istruzione e nel percorso formativo di una personalità? L’Università, e con essa il mondo studentesco che vi ruota attorno, costituisce, a ben pensarci, l’ambiente dove si forma la società del domani. Scegliere la giusta facoltà, ma anche un ateneo di prestigio, impegna a lungo gli studenti liceali e le loro famiglie, con l’idea che quella scelta getterà le basi e influenzerà il futuro del giovane. 
Il recente rapporto del Censis che pubblica la classifica delle Università italiane, rivela un apparente buon posizionamento dell’ateneo palermitano. Apparente, secondo ciò che emerge dall’intervista che abbiamo realizzato con la professoressa Daniela Mainenti, docente di diritto processuale penale comparato, che ci aiuta a leggere tra le righe del rapporto.

Daniela Mainenti

Professoressa Mainenti, l’Università Statale di Palermo, secondo i dati del Censis, è tra i primi 10 tra i Mega atenei italiani. Quali i parametri?
“Si deve partire da una necessaria valutazione: guardiamo a questi dati nazionali come  fossero un campionato locale, altra cosa invece è leggere questi dati alla luce del prestigio QS, cioè Quacquarelli Symonds, il ranking  mondiale delle università 2022 pubblicato lo scorso 8 giugno. Ecco, questo sarebbe il campionato del mondo. Le università siciliane sono collocate oltre il millesimo posto e quella di Palermo è scesa a picco al numero 801 della classifica  (https://www.topuniversities.com/universities/university-palermo, come si vede dal grafico nel link). Se poi andiamo a guardare nel dettaglio i ” ranking criteria”, ci rendiamo conto in modo lampante di quanto basso sia il valore della reputazione accademica dell’ateneo palermitano, ancor di più se lo consideriamo come elemento di punta regionale”.

No tax area

“Censis ha rilevato verosimilmente il dato della numerosità studentesca, ossia l’incremento delle iscrizioni – continua la Mainenti – che vanno interpretate alla luce della pandemia e di una politica stimolata dal precedente governo di ampliamento della no tax area per garantire il diritto allo studio. L’Università di Palermo, a differenza degli altri atenei siciliani, ha operato la scelta più logica: pur ampliando al massimo consentito la fascia degli esenti dal pagamento delle tasse universitarie, non ha innalzato la quota delle tasse dei paganti scaricando su costoro il peso dei mancati introiti. Questa scelta ha evidentemente premiato. Tuttavia, si tratta di un successo effimero perchè il rapporto Censis ci mostra una significativa flessione delle iscrizioni dei diciannovenni dovuta al calo demografico la cui lunga coda, dalle elementari in poi, ha ormai raggiunto l’università. Se poi aggiungiamo la desertificazione sociale dovuta al fortissimo flusso migratorio dei giovani che sono andati a studiare fuori, e lì sono rimasti, se ne deduce un progressivo calo demografico al sud a cui corrisponderà un incremento demografico al nord del Paese”.

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Mancano le risorse economiche

Cosa manca alle altre università siciliane per scalare la classifica?
“È chiaro che il calo delle risorse non permette di avviare politiche di gestione di ampio respiro ma iniziative destinate, sempre più, ad avere il fiato corto, e sul collo, dei numeri a bilancio. Se a ciò si aggiunge che il contributo statale, una coperta sempre troppo corta, ragiona in termini di premialità rivolta sempre verso i soliti atenei in alto in classifica, il conto è presto fatto… Poi ci sono le sconsiderate scelte di taluni Atenei siciliani che al posto di fare un ripensamento serio delle proprie problematiche, soprattutto quelle giudiziarie, si sono distinte per l’incremento vertiginoso degli avanzamenti di carriera e, conseguenti, aumenti di stipendio dei professori interni, a fronte di qualità scarsissima: il quadro, così, risulta disarmante.

Pubblico VS privato?

Quali sono le principali differenze tra atenei privati e atenei pubblici? Si potrebbe ipotizzare una classifica unica che metta in gioco e a confronto strutture pubbliche e strutture private? O ci sono troppe differenze di base?
“Non ci sono differenze tra atenei pubblici e privati perché tutte le Istituzioni Universitarie in Italia sono abilitate a rilasciare un titolo di laurea avente valore legale. Quello che distingue gli atenei è la ” Faculty”, ossia il corpo docente perché che piaccia o no l’Università ” vende” un prodotto immateriale : CULTURA, NON INFRASTRUTTURE.  Pertanto, gli Atenei che hanno le risorse per accaparrarsi i docenti migliori hanno evidentemente maggiori chance di essere preferiti dagli studenti.

E le università telematiche?
“Le telematiche difettano di un elemento che invece è essenziale nella Università ossia la ricerca. Solo la UniNettuno, che mi risulti, ha attivato un dipartimento di ricerca. Come è ovvio, quindi, l’assenza della ricerca e la riduzione di un percorso universitario alla sola erogazione di lezioni ed esami, riduce la qualità didattica ad una liceizzazione, quando se non peggio ad una scuolaelementarizzazione, passatemi il termine, del corso di laurea ridotto al raccontino dei contenuti dei principali manuali in commercio”.

Questa classifica del Censis, a suo avviso, rappresenta uno stimolo per gli atenei  a migliorarsi?
“Dovrebbe, lo spero tanto. Spero anche che gli Atenei facciano maggiormente rete tra loro valorizzando il territorio dove operano. Trasparenza e merito dovrebbero essere le coordinate principali”.

Quanto è importante il ruolo del Rettore? 
“Il termine Rettore ha la sua radice in Rex. Purtroppo l’autonomia universitaria a seguito della riforma Gelmini consacrando l’autonomia degli Atenei ha polarizzato verso l’alto il ruolo del Rettore. Se guardiamo ai mega atenei, con oltre 40.000 iscritti, e calcoliamo anche tutto il personale docente, amministrativo e ausiliario, ci rendiamo conto che il Rettore governa una comunità grande come un paese. In alcuni casi, se ciò viene interpretato con logiche di potere e non di servizio, la bevanda, purtroppo, si guasta”.

Un sistema elettorale da riformare

A Palermo si vota a giorni per eleggere il Rettore che resterà in carica per i prossimi 6 anni. Candidati sono due medici, uscente un ingegnere… quasi un’alternanza non scritta tra le due facoltà con il maggior numero di dipartimenti?
“Il sistema elettorale per l’elezione del Rettore non è un sistema democratico perché vale 1 soltanto il voto dei professori associati e ordinari, per intenderci, quelli che nelle logiche nepotistiche gestiscono i dipartimenti e le risorse per l’assegnazione delle cattedre. Hanno, dunque, più forza elettorale le facoltà dove maggiore è il numero dei professori. Il sistema della governance universitaria, come si comprende, andrebbe completamente riformato”.

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In base alla sua esperienza, cosa chiedono gli studenti per migliorare le università?
“Lo studente, prima che un investimento economico, effettua, con la scelta universitaria, un investimento di tempo. La moneta corrente di tutti i corsi universitari è il tempo. Purtroppo il tempo universitario è professorecentrico, sarebbe importante che fosse ripensato in un senso più studentecentrico”.

Ancora numero chiuso?

Nell’arco dell’intera estate si concluderanno tutti i test di accesso, iniziati in primavera per alcune facoltà, al prossimo anno accademico. Lei trova che sia un sistema valido oppure, come accade in altri paesi d’Europa, si dovrebbe fare una selezione in base al rendimento dei primi anni di corso?  
“I test di ingresso hanno dimostrato tutta la loro drammatica inefficacia con la facoltà di medicina, per non dire nulla, del collo di bottiglia, indegno di un paese civile, delle scuole di specializzazione. Così si son fatte venir meno, in uno dei momenti più drammatici della storia umana, le competenze professionali e le forze adeguate”.      

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