Usura bancaria: recentissime sentenze della Corte di Cassazione. Rilievo sulla errata applicazione della sommatoria tra tasso nominale e tasso di mora
Usura bancaria. Ci siamo occupati negli ultimi anni di usura bancaria una tematica assai dibattuta che ci ha visti protagonisti in molte battaglie legali. Le nostre perizie econometriche hanno messo in risalto,
in diversi casi, regolarità e sforamenti della soglia di interessi legali.
Rammentiamo, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il principio sancito dall’art. 2697 c.c., per cui è onere del cliente che agisce per la tutela dei propri interessi provare i fatti che costituiscono fondamento della propria pretesa, cioè, nella specie, contratto e successivi estratti conto. Nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, deve essere rilevato, da parte del cliente, l’onere di far valere ogni questione inerente il calcolo degli interessi e l’allegazione della produzione documentale come ad esempio gli estratti a scalari e i decreti relativi ai tassi soglia e una perizia attestante la sopraggiunta usura.
Per quanto ci riguarda, ebbene ricordare che la rilevazione dei tassi di soglia usura ai sensi dell’art. 2
legge 108/96, sono calcolati sulla base dei tassi medi pubblicati dal Ministero del Tesoro con apposito decreto.
I tassi soglia sono ottenuti aumentando della metà i tassi medi pubblicati dal Ministero del Tesoro sino al secondo trimestre 2011. Con il D.L. 70/2011 i tassi sono invece ottenuti, aumentando del 25% più quattro punti percentuali i tassi medi e conservando il saggio solo nel caso in cui il limite massimo degli otto punti non sia superato.
Nella misura in cui ci siamo imbattuti ad affrontare nello specifico la materia, una attenzione particolare deve essere rivolta agli interessi di mora relativi e facenti parte in un contratto bancario, è pacifico affermare che questi non rientrano nell’ambito fisiologico dell’operazione di finanziamento, avendo un carattere prettamente eventuale e straordinario, fin qui tutto chiaro, ma d’altro canto, la legge 108/96 è volta ad assicurare una copertura completa dall’usura, estesa in ogni direzione, dai costi immediati a quelli procrastinati, da quelli ricorrenti a quelli occasionali.
Detto ciò, è ormai da tempo assodato che anche gli interessi di mora, ancorché non concorrano a determinare il TEGM, sono soggetti al rispetto delle soglie d’usura. Il principio è stato ribadito dalla Cassazione Sez. I, n. 350/13 che nel ritenere fondata, nella circostanza di un mutuo, la censura del calcolo del tasso pattuito in raffronto al tasso soglia senza tener conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora – ha precisato che, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalle legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.
Recentemente numerose azioni legali sono state fondate sull’accertamento del debordo delle soglie d’usura riveniente dalla somma del tasso corrispettivo e del tasso di mora. Se si somma il tasso corrispettivo al tasso di mora si incorre in un banale errore, in quanto così facendo non si fa altro che computare due volte il tasso corrispettivo.
A conferma di ciò, ci riferiamo all’applicazione della matematica finanziaria, infatti, essa spiega che gli interessi corrispettivi e quelli moratori sono calcolati su importi ben diversi e precisamente, i corrispettivi servono per calcolare la quota interessi di ogni rata e si calcolano sul capitale complessivo residuo, mentre i moratori si calcolano normalmente solo sulle rate (quota capitale e quota interessi) pagate in ritardo. Ne deriva, pertanto, che una sommatoria tra i due tassi, non è matematicamente corretta.
Per quanto concerne la materia, ci viene spontaneo dire che l’enunciato della sentenza di Cassazione n. 350 del 2013, nella verifica dell’usura per i mutui il procedimento della sommatorie tra tasso corrispettivo e tasso moratorio, la circostanza che spesso il tasso di mora è espresso come maggiorazione del tasso corrispettivo pattuito, può avere ingenerato tanta confusione.
Nel caso, dunque, riportando alcuni spunti in esame della sentenza, il tasso corrispettivo del finanziamento era pari al 10,50% mentre il tasso di mora era collocato al 13,50% tre punti sopra, in questo caso non è assolutamente applicabile la sommatoria dei due tassi, non avrebbe alcun senso, semmai, così facendo ci indurrebbe solamente a commettere in un grosso errore. Quello di cui invece deve essere tenuto in considerazione è la maggiorazione dei tre punti, che sommata al tasso corrispettivo va ad incidere all’ottenimento del tasso di mora.
Ricordiamo nella fattispecie che l’usura originaria è quella che si determina al momento della stipula di un contratto di mutuo e quindi in base alle condizioni stabilite da esso, mentre quella sopravvenuta si determina durante il pagamento delle rate, ovvero quando gli interessi in origine sono al di sotto del tasso soglia e poi superano il limite.
Sulla notorietà dell’usura bancaria l’art. 1815 co, 2, del c.c. stabilisce che se un contratto è oggetto di interessi usurari, la clausola è nulla e non sono più dovuti interessi e ai sensi dell’art. 1 d.l. 29/12/2000, n.394 convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque, convenuti a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento. Il Legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perchè in relazione al fatto si realizza un nesso di sproporzione oggettiva, tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore.
Nel criterio di partizione l’art. 1284 del c.c. stabilisce, invece, che gli interessi legali partono dal giorno in cui viene applicata la mora per il ritardo del pagamento, infine, secondo il disposto dello stesso articolo, se prima della mora si dovevano interessi in misura maggiore a quella legale, gli interessi moratori saranno della medesima misura.
Come abbiamo voluto ribadire un concetto già precedentemente espresso, adesso evidenziamo gli sviluppi intervenuti recentemente dalla Corte di Cassazione con la Sent. n. 23192/17 del 04.10.2017 e la Sent. n. 5598/17 del 06.03.2017 difatti, queste due sentenze arrivano in favore dei correntisti con l’intesa da parte degli addetti al lavoro di rendere applicabili ai fini del riconoscimento dell’usura, i Giudici della cassazione hanno infatti sancito che si intendono, ai fini dell’usura, gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi e comunque convenuti in contratto a qualunque titolo, quindi, anche gli interessi moratori indipendentemente dal momento della loro applicazione.
Questo concetto è di fondamentale importanza, ciò significa, che se in un contratto bancario all’atto della stipula è stato convenuto un tasso di interesse moratorio usuraio, e lo stesso non è mai stato applicato per la regolarità dei pagamenti effettuati dal correntista, esso è considerato comunque illegittimo ed usuraio per via del rischio che il soggetto è stato sottoposto.
In precedenza le difese sostenute dalle banche in merito al presente caso sono state quelle, che un correntista in regola con i pagamenti e al quale la Banca non ha mai richiesto interessi moratorie non poteva essere considerata alcuna applicazione dell’usura, e quindi, qualora il tasso di mora pattuito originariamente fosse stato oggetto del superamento del tasso soglia, non avrebbe avuto alcun rilievo, ebbene, secondo i Giudici della Corte, invece, al correntista oggi basterebbe solamente avere avuto il riconosciuto del rischio per essere considerato applicabile la nullità del contratto.
Per quanto fin’ora detto emerge la ovvia considerazione che gli interessi di mora debbano mantenersi entro i limiti della Legge n. 108 del 1996. Il tasso di mora isolatamente considerato rispetta il tasso soglia per come individuato dalle istruzioni della Banca D’Italia, come peraltro emerge anche da quanto in precedenza esposto. E’ noto dunque che le rilevazioni trimestrali dei tassi effettivi globali medi (TEGM) da parte della Banca d’Italia non hanno mai tenuto conto degli interessi di mora perché gli stessi non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.
L’esclusione evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo. Infatti, essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento, se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno dei consumatori correntisti. Quindi in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori e per evitare il confronto tra grandezze disomogenee TAEG applicato al cliente, compreso di interessi di mora, e TEGM non comprensivi di mora.
Ricordiamo che comunque la Banca d’Italia, adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo.