Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

di Redazione

Un’applicazione del pensiero analogico e simbolico in ambito medico

 

foto personale Vincenzo

L’omeopatia (dal greco òmoios=simile e pàthos=sofferenza) è una metodica terapeutica divulgata per la prima volta nel 1796 e codificata nel 1801 dal Dr. Samuel Hahnemann ed attualmente è correntemente utilizzata nella maggior parte dei paesi del mondo.

La cura omeopatica si basa sulla somministrazione d’un medicamento, in genere d’origine vegetale, minerale od animale, la cui azione sull’organismo degli esseri viventi è nota attraverso la sperimentazione del medicinale stesso su soggetti volontari sani nei quali crea una serie di sintomi d’interesse psicologico, generale e fisico: è ciò che in omeopatia si definisce tecnicamente patogenesi medicamentosa.

Quando l’insieme di quegli stessi sintomi è presente in un paziente bisogna quindi somministrargli il rimedio (medicinale) che in un soggetto sperimentatore sano li ha prodotti.

In parole semplici un malato guarisce dai suoi disturbi usando un prodotto che in un individuo sano, al contrario, li causa.

L’omeopatia appartiene al novero delle “medicine energetiche” ossia a quelle discipline terapeutiche che condividono, quale assunto fondamentale, l’esistenza d’una energia vitale che presiede ai fenomeni psico-fisici dell’esistenza. E’ su questa energia vitale o forza vitale che si espleta l’azione energetica del rimedio omeopatico prescritto dal medico sulla base d’una dettagliata diagnosi individuale secondo il principio di similitudine. Il medicamento omeopatico è dunque

un’informazione che riceve l’organismo in merito alle strategie da adottare per guarire e si libera dai problemi ripristinando l’equilibrio perduto mediante le sue stesse risorse, quindi per autoguarigione.

La legge dei simili è l’applicazione, in campo medico, della legge dell’analogia (dal greco    avalogizomai= calcolare proporzionalmente) la quale sta ad indicare la relazione di somiglianza

fra due fatti od oggetti.

Il pensiero analogico in medicina non fu introdotto da Hahnemann, esso ha origini arcaiche.

Si trovano sue tracce fra le pratiche mediche degli Assiro-Babilonesi, nella medicina cinese, presso la scuola siciliana di Empedocle ad Agrigento, nell’ambito della scuola greca di Ippocrate a Cos, è riscontrabile nella preparazione di alcuni medicinali nella Roma classica, ecc…

In particolare il pensiero analogico domina negli antichi testi alchemici ed a riguardo S. Tommaso D’Aquino, illustre conoscitore dell’alchimia, scrive nel suo Tractatus D. Thomae de Aquino ordinis praedicatorum de lapide philosophico citando Ruggero Bacone “Ogni principio di attività naturale esercita la sua azione per sua similitudine, imprimendo questa nel termine passivo ma senza differenza essenziale dal principio attivo che l’ha prodotta”.

Illustre esponente del pensiero analogico in medicina fu Philipp Theophrast Bombast von Hoehneihm detto Paracelso,  medico svizzero che sostenne a spada tratta l’importanza dello studio dei rapporti analogici sia in ambito terapeutico che nell’ambito delle relazioni esistenti tra il macrocosmo e il microcosmo, sottolineando l’unità del tutto in quanto, per lui, nella scienza naturale: “benchè vi sono qui nomi distinti non vi sono arti o saperi distinti – l’uno infatti, è in tutti.”

Tornando all’omeopatia l’enorme merito di Hahnemann è stato quello di averci consegnato un sistema terapeutico basato sui principi dell’analogia che, al contrario di quelli precedenti, spesso contrassegnati da arzigogoli e sofismi, è stato, come prima abbiamo visto, costruito e validato su soggetti volontari sani per cui risponde a canoni sperimentali validi a tutt’oggi.

Seguendo il criterio analogico un medico può utilizzare la terapia omeopatica in almeno due maniere diverse.

Il primo modus operandi fa riferimento ad un’azione terapeutica su d’un livello superficiale, fenomenologico, agendo solo sui sintomi della malattia riducendo così la legge dei simili ad un mero isomorfismo.

Il secondo è caratterizzato da una prescrizione che vada a riequilibrare l’intero asse psicosomatico del paziente (il cosiddetto simillimum = il più simile). In tal caso il medicamento entra in assoluta sintonia con colui che l’assume nel senso che il genio del rimedio, sostantivo introdotto dagli omeopati sudamericani per indicare le caratteristiche più profonde ed essenziali del medicamento, deve collimare con il nucleo di sofferenza del paziente. Siamo così in presenza d’una prescrizione omeopatica indirizzata a livelli molto profondi che può essere definita di stampo archetipale. Il sostantivo archetipo deriva dal latino  archetypus, a sua volta composto da due parole greche: archè = principio e typos=forma, modello per cui significa carattere, tratto originario.

Nella filosofia tardo-ellenica designava il modello originario trascendente delle forme di cui tutto ciò che riguarda il mondo sensibile è una semplice copia.

Nella psicologia analitica di C. G. Jung l’archetipo è una forza psichica che organizza i modelli di comportamento innati. È il fattore d’ordine dei contenuti dell’inconscio collettivo informanti sia la struttura psicologica che quella fisica delle quali pianifica  l’esperienza

Perché la terapia omeopatica agisca in profondità occorre dunque che ci sia corrispondenza fra la struttura archetipale del soggetto ricevente e quella del rimedio e dal momento che l’archetipo non è di per sé identificabile se non attraverso il pensiero analogico e simbolico il simillimum terapeutico sarà quella sostanza che presenti una capacità autorganizzantesi simile a quella del sistema biologico necessitante di riequilibrio.

E’ così che un individuo di natura, sia esso minerale, vegetale od animale, non è più un altro da  me ma diventa un altro me accordandosi con il mio dasein, il mio modo di stare nel mondo.

Per quel che concerne il pensiero simbolico ricordo al lettore che il sostantivo simbolo deriva dal greco syn = con e ballein = gettare, mettere per cui significa unire, legare insieme.

Nell’antica Grecia era un segno di riconoscimento che veniva creato mediante la divisione d’un oggetto (in genere una tessera di terracotta) in due metà il che permetteva ai  possessori, una volta ricongiuntele, di riconoscersi come appartenenti al medesimo gruppo familiare o sociale.

Nel corso del tempo la finalità riunificatrice del simbolo s’è estesa anche ai fenomeni psichici assumendo così una funzione rappresentativa. Ancora oggi il simbolo si compone di due parti: un significante ed un significato. La prima è la manifestazione esterna, la forma del simbolo stesso mentre la seconda può assumere vari significati a seconda dei parametri socio-culturali di riferimento. In omeopatia è il rimedio stesso ad essere simbolo. Vediamo perché.

E’ l’analogia a rendere intellegibile il significato del simbolo stesso mettendo in relazione qualità, oggetti o funzioni psichiche apparentemente distanti.

Ad esempio il colore rosso, l’ira, il sangue, l’energia febbrile, le armi, la combattività sono in relazione analogica fra di loro e fanno riferimento all’archetipo di Marte e, in omeopatia, troveremo queste caratteristiche nel rimedio Nux Vomica che, dunque, ne è il simbolo veicolante.

Nux Vomica, quale rimedio simbolo, curerà perfettamente un soggetto bramoso di potere, di conquistare i primi posti nella scala sociale e per raggiungere il suo fine è disposto, metaforicamente, a lottare contro tutto e tutti ed è terribilmente disturbato da persone od avvenimenti che, anche il modo semplicemente presuntivo, gli facciano perdere tempo prezioso nel raggiungimento dei suoi obiettivi al punto tale da esplodere in collere omeriche.

In qualità di simbolo, dunque, questo rimedio è il vettore di riferimento di tutte le qualità descritte che, a loro volta, sono riunite in una relazione analogica afferente all’archetipo Marte.

In conclusione la terapia omeopatica, quando condotta a livelli profondi, ha un valore intrinseco che va ben al di là della cura della malattia, grazie alla restaurazione progressiva dell’equilibrio psicosomatico del paziente è in grado di aiutarlo alla realizzazione sul piano ontologico del fine ultimo della sua esistenza.

 

Curriculum breve del Dr. Vincenzo Sbacchi

 

Laurea in Medicina e Chirurgia conseguita presso l’Università degli Sudi di Palermo con la votazione di 110/110 e lode.

Diploma di Perfezionamento in Medicina Psicosomatica conseguito presso l’Università degli Studi  di Messina con la votazione di 60/60.

Diploma di Specializzazione in Psicologia Medica conseguito presso l’Università degli Studi di Palermo con la votazione di 60/60.

Formazione professionale privata nella terapia con il Training Autogeno di Schultz

Formazione professionale privata nella conduzione dei Gruppi Balint

Formazione professionale privata in Omeopatia Classica conseguita mediante la frequenza della “Scuola di Omeopatia Unicista Mattoli-Palmeri” di Firenze

E’ Membro Attivo della L M. H .I. ( Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis)

Ha conseguito il titolo di Licenced Associated  rilasciato dalla Faculty of Homeopathy di Luton ( Inghilterra) nell’ottobre 2006.

E’ iscritto al Registro Nazionale dei Medici Omeopati Docenti Accreditati

 

 

 

 

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