Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Vittime di tortura, una giornata per non dimenticare

La tortura trova il più vile riconoscimento nell’amministrazione della giustizia di alcuni paesi in cui è un ordinario mezzo di prova (la confessione resa sotto tortura costituisce piena prova di colpevolezza) e pena accessoria ( il supplizio è parte integrante della condanna alla detenzione o alla morte).

di CNDDU

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani celebra domani, 26 giugno, la Giornata Internazionale per le vittime di tortura. In occasione del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la giornata con la risoluzione RES/52/149 del 18 febbraio 1998 per sollecitare i governi all’eradicazione totale della tortura e all’effettiva attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e ogni altro trattamento o punizione crudele, disumano o degradante entrata in vigore proprio il 26 giugno del 1987.

Il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale un soggetto – funzionario pubblico o qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale o con suo invito o consenso – infligge ad un’altra persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, per ottenere informazioni o confessioni, per punirla per un atto commesso o che è sospettata di aver commesso, per intimidirla od esercitare pressioni su di lei o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione. È uno strumento di terrorismo non solo nei confronti delle vittime e dei congiunti ma verso l’intera società, perpetrato al fine di scoraggiare il dissenso verso chi esercita il potere. La Tortura, definita dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres come “un vizioso tentativo di infrangere la volontà di una persona”, trova il più vile riconoscimento nell’amministrazione della giustizia di alcuni paesi in cui la tortura è un ordinario mezzo di prova (la confessione resa sotto tortura costituisce piena prova di colpevolezza) e pena accessoria ( il supplizio è parte integrante della condanna alla detenzione o alla morte).

Divieto assoluto di tortura

In piena attuazione dell’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani – “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti” – la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ha introdotto il divieto assoluto di tortura, il divieto di estradizione di una persona verso un altro Stato in cui rischi di essere sottoposta a tortura, la disciplina sulla pena per le persone che compiono atti di tortura e la loro estradizione e la disciplina di prevenzione e individuazione di casi di tortura. Il suo contenuto, nonostante la sottoscrizione e/o ratifica di 175 paesi, non trova ancora concreta attuazione nei relativi ordinamenti giuridici. L’ Italia ha ratificato la Convenzione il 12 gennaio 1989 ma la codificazione della tortura ha visto la luce solo con l’art. 613 bis del Codice Penale, introdotto con la Legge 14/07/2017 n. 110.

La nuova fattispecie penale ha finalmente messo fine all’attribuzione delle pene previste per reati minori, come le lesioni o l’abuso di atti d’ufficio, a comportamenti delittuosi ben più gravi e gravemente lesivi dei diritti umani delle vittime. Tra le innumerevoli vittime che oggi stanno vivendo azioni di tortura nel mondo, vogliamo ricordare il Premio Sacharov per la libertà di pensiero nel 2012 Nasrin Sotoudeh : un’ avvocata iraniana membro dell’Associazione dei difensori dei diritti umani ; attivista impegnata nella difesa delle donne che si oppongono all’obbligo di indossare il velo e nel contrasto alla pena di morte. Nasrin è stata arrestata il 13 giugno 2016 e condannata in contumacia a 33 anni di carcere e a 148 frustate per il suo attivismo per i diritti umani. Si trova attualmente detenuta presso prigione di Evin dove, secondo la notizia diffusa da Amnesty lo scorso 19 marzo, ha annunciato l’inizio di uno sciopero della fame per chiedere il rilascio di tutti prigionieri politici in Iran.

La Comunità internazionale ha chiesto la sua liberazione con formali provvedimenti ad oggi rimasti tutti senza esito come la risoluzione 2018/2967(RSP) con cui il Parlamento Europeo ha richiesto al governo dell’Iran l’immediato rilascio senza condizioni di Nasrin Sotoudeh e di tutti i difensori dei diritti umani, i giornalisti detenuti e condannati solo per aver esercitato il loro diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica e sottoposti alla pena della tortura. Anche l’Avvocatura italiana ha chiesto la liberazione della collega iraniana attraverso le associazioni professionali. In particolare segnaliamo la pregevole iniziativa di sensibilizzazione portata avanti dalla Compagnia Teatrale “Attori e Convenuti”, composta da professionisti impegnati nella diffusione della conoscenza delle lettere e della storia di Nasrin.​

La vicenda di Giulio Regeni

Il nostro pensiero non può non andare anche a Giulio Regeni, nostro connazionale rapito torturato e ucciso da apparati egiziani in circostanze misteriose, ancora oggetto d’indagine. La vicenda di Giulio ha scosso tutta la comunità internazionale e merita che sia fatta luce su ogni accadimento e che vengano individuati i responsabili. L’Italia non è certo esente da casi di tortura, basti ricordare il caso di Stefano Cucchi, deceduto a seguito delle violenze subite durante la sua detenzione del tutto pari alla tortura, come riconosciuto dal Procuratore Generale dott. Rubolino durante la requisitoria del processo Cucchi bis, oppure gli eventi del Bolzaneto durante il G8 del 2001 o quelli del Carcere di Asti del 2004 o ancora il caso di Dimitri Alberti nel 2010 a Cerea: casi che costarono una condanna all’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Inoltre riteniamo drammatica la situazione presente in Libia, nei cui campi di transito o detenzione si registrano forme di violenza intollerabili; un atto tragico è stato il suicidio della giovanissima attivista egiziana Sarah Hegazy, la quale, incarcerata e torturata per le sue dichiarazioni a sostegno della comunità Lgbt, non avrebbe retto ai soprusi subiti.

Educare i giovani all’autocontrollo

In occasione della giornata, condividiamo il desiderio di tutti gli uomini di pace di eliminare qualsiasi vessazione fisica e psicologica nel mondo. Convinti della necessità di educare i giovani all’autocontrollo ed alla pacifica convivenza, proponiamo a tutti i docenti di divulgare tra gli studenti i valori della non violenza e del rispetto dei diritti umani anche postando un ricordo delle vittime di tortura. Pure tra gli adolescenti, infatti, possono verificarsi episodi di tortura, specie in circostanza di fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Non a caso le prime applicazioni giudiziali dell’art. 613 bis c.p. hanno riguardato due procedimenti a carico di minorenni: Il Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato per tortura quattro quindicenni accusati di aver segregato e picchiato per ore un coetaneo in un garage di Varese. La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare disposta dal Tribunale per i minorenni di Taranto a carico di tre ragazzi accusati di aver fatto parte di una baby gang che per lungo tempo ha vessato e torturato un anziano disabile a Manduria (TA). Infine, lanciamo l’hashtag #stoptortura affinché coinvolga tutti, adulti e giovani, e induca alla riflessione sui comportamenti errati, tali da provocare grave dolore o sofferenza nei confronti dei nostri simili.
*Prof.ssa Veronica Radici – CNDDU

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