Qualche anno fa, presi il treno per andare da Pescara a Roma. Quattro ore circa per raggiungere Roma Termini. Per l’aeroporto di Fiumicino, un altro treno e altri 40 minuti. La ferrovia che collega Pescara a Roma e che attraversa il tratto centrale degli Appennini risale alla fine dell’Ottocento, pochi treni e molto lenti. E così i pendolari, scelgono il trasporto su gomma (pullman o auto private) per percorrere i circa 200 i chilometri di distanza che collegano il versante adriatico abruzzese con la costa tirrenica. Ma dell’intero percorso, solo 15,2 km sono a doppio binario, tutti nell’area metropolitana di Roma, tra le stazioni Prenestina e Lunghezza.
Nonostante le promesse, la linea non è mai stata rinnovata, l’ultima promessa, alla vigilia delle recenti elezioni regionali, per ovvie ragioni, quando si è reinserito il raddoppio ferroviario Pescara-Roma tra gli obiettivi del PNRR, dopo che ne era stato escluso. Vedremo il seguito di questa trovata elettorale.
Se avessi presi uno dei tanti bus privati in circolazione, avrei impiegato non più di due ore, con aria condizionata, rete, e tutti i confort, ma, soprattutto, sarei arrivato direttamente a Fiumicino. Una volta in aeroporto, mentre ero sul tapirulan che conduceva all’area imbarchi, alzai lo sguardo e nel display campeggiava una scritta in rosso su fondo nero: Buon Natale. Era il 10 agosto.
Piccole note di disservizio pubblico e di abbandono
Ognuno di questi disservizi dei nostri trasporti ha specifiche spiegazioni e storie particolari, ma tutti hanno una stessa logica. favorire il mercato privato a danno del servizio pubblico o rendere, le infrastrutture pubbliche, eterni cantieri in manutenzione. Una sorta di shopping center per privati che si appropriano di rendite derivanti da infrastrutture strategiche pubbliche.
Quindi, quando i fautori del neoliberismo decantano le virtù del mercato che sarebbe in grado di selezionare e regolare lo sviluppo, non la dicono tutta. L’assenza dello Stato è invocata da costoro quando si tratta di evitare leggi e regolamenti che garantiscono il rispetto dei diritti, della sicurezza, quando si deve poter avere le mani libere per sottopagare il lavoro, in questo caso, lo Stato deve essere assente, silente e non deve interferire.
Ma, quando si tratta di mettere quelle stesse mani sugli asset strategici e sui patrimoni pubblici, allora lo Stato è utile che ci sia e che, anzi, sia consenziente a dismettere e a vendere risorse e patrimoni in grado di consentire rendite parassitarie facili profitti. In questo caso si possono accantonare le leggi di mercato e tutta la retorica della competizione pur di arraffare posizioni dominanti e profitti garantiti dalla gestione di infrastrutture strategiche o di pubblica utilità.
Infatti, Pescara, sfruttando anche la sua vocazione di area di transito, in poco più di mezzo secolo è diventata uno degli interporti per i trasporti su gomma più importanti del centro Italia con decine di società locali e nazionali che hanno investito nell’acquisto di Bus di ultima generazione, anche a due piani, e che sono cresciute proprio ponendosi come mezzo sostitutivo del trasporto su ferro. Al tempo stesso l’autostrada dei Parchi, le AUTOSTRADE A24 – ROMA-L’AQUILA-TERAMO e A25 – TORANO -PESCARA, una delle più care d’Italia, hanno avuto garantito quel traffico di autoveicoli privati necessario a consolidare gli utili di un altro gruppo privato che le aveva prese in gestione da ANAS.
Toto modo
Il Commissario straordinario di strada dei parchi (autostrade A24 e A25), che collega Roma con l’Abruzzo, ha preparato di recente un Piano economico finanziario (PEF) che prevedeva aumenti dei pedaggi di quasi il 16 per cento l’anno, 375 % in totale nel 2030. L’Autorità dei trasporti (Art) al ministero aveva tuttavia avvertito: «Valutate bene gli effetti negativi». I rincari erano frutto del braccio di ferro non risolto tra lo Stato, che voleva far tornare pubbliche le autostrade, e il gruppo concessionario Toto, accusato, tra l’altro, di essere moroso per il mancato pagamento all’Anas del canone annuale. Una sentenza del Tribunale di Roma, tuttavia, aveva dato ragione ai privati (Rincari dell’A24 e dell’A25, 92 euro per i 200 chilometri tra Roma e Pescara (Daniele Martini – 5 aprile 2022 – Domani).
La storia di questo ex piccolo imprenditore edile del chietino, che un giorno ebbe la folgorante idea di trasformarsi, prima in imprenditore aeronautico con le tratte Palermo Catania Pescara Milano, poi leader per la costruzione e la gestione di energie rinnovabili in Calabria e in Sicilia, sempre macinando un inarrestabile successo, tanto da essere uno dei capitani coraggiosi indicati da Berlusconi, sarebbe da raccontare.
Da ALIADRATICA ad AIRONE, DA AIRONE ad ALITALIA, da ALITALIA a IT AIRWAYS fino alle Energie rinnovabili di Renexia in Calabria, al progetto “Med Wind“, nel Canale di Sicilia, al Beleolico, al largo del molo polisettoriale a Taranto (il primo parco eolico offshore in Italia e nel Mediterraneo), al raddoppio ferroviario Ogliastrillo-Cefalù, alle Autostrade dei Parchi e ad altre decine di appalti. Ma questa storia, rocambolesca, emblematica e avvincente, meriterebbe uno spazio ben più rilevante di quello di cui potremmo disporre qui.
Tutti i colori del mondo
La privatizzazione degli Aeroporti di Roma Fiumicino e di Ciampino, invece, avviene, con la collocazione sul mercato del 45% del capitale sociale di Aeroporti di Roma S.p.A. nel luglio 1997, dopo anni di polemiche per i ritardi nello smistamento dei bagagli, per lo stato di abbandono igienico e dei servizi, per una serie di scioperi del personale di terra. Aeroporti di Roma S.p.A era nata nel 1974 come società controllata da IRI, Ministero dei Trasporti ed ente concessionario unico. La privatizzazione sarebbe avvenuta attraverso un’offerta, sia pubblica sia privata che si sarebbe conclusa nel 2000, con la dismissione delle partecipazioni detenute dallo Stato. Nel 2007 venne completata la liquidazione della quota della famiglia Romiti in Gemina (la holding di Aeroporti di Roma di quel tempo) e, successivamente, la famiglia Benetton sarebbe divenuta, attraverso Sintonia, socio principale di Aeroporti di Roma. Nel 2013, con l’ingresso di Atlantia (ora Mundys) nel capitale di ADR attraverso l’operazione di fusione per incorporazione della società Gemina, Mundys diventa azionista per il 99,39% del capitale di ADR.
Ma che cos’è il gruppo Mundys? Abertis HoldCO (50% + 1), Aeroporti di Roma S.p.A. (99%), Telepass S.p.A. (51%), Yunex Traffic (100%), Aeroporto di Bologna, Aéroports de la Côte d’Azur (64%), Sanef (100%). E chi controlla Mundys? La famiglia Benetton, grazie a Edizione (una holding finanziaria che fa capo al business della famiglia, che va dalle infrastrutture dei trasporti all’abbigliamento, dalla ristorazione veloce alle infrastrutture digitali, fino al settore immobiliare e agricolo), con il 57,8%, insieme a Fondazione Crt (circa il 5%) e al fondo americano Blackstone ( 37%).
E anche questa è una storia avvincente, che parte dai maglioni colorati e che si fa…strada… e aeroporti. E dire che non si apprezza lo spirito di impresa italiano. Ingrati.