Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Caltabellotta: perdersi nella suggestione

Tappeti verdi. Estese vallate. Dolci declivi. Un itinerario appassionante tra sentieri reconditi e abbarbicati. Un viaggio coinvolgente a Caltabellotta, uno dei paesi faunisticamente più interessanti dell’entroterra agrigentino

di Redazione

Il presepe vivente di Caltabellotta è uno dei presepi viventi più suggestivi dell’Isola. La rocca sulla quale si snoda il presepe diventa una piccola Betlemme. Ma Caltabellotta non è soltanto la città del presepe vivente.
Arroccata sul pendio della vetta del monte omonimo, a un’altitudine di 800 metri, Caltabellotta è, senz’altro, uno dei paesi della Sicilia più interessanti da visitare. A meridione domina la fertile valle del Verdura e il mar Mediterraneo, mentre a settentrione, i contrafforti occidentali dei monti Sicani.
Il presepe vivente può diventare, quindi, l’occasione per visitare questo suggestivo borgo nel periodo più bello dell’anno: a Natale.
Caltabellotta a Natale è, infatti, una tappa obbligatoria durante le vacanze natalizie.

Il Centro storico

Il centro storico conserva ancora l’impianto originario, adagiato sotto i picchi Gollega, Castelvecchio, Castello, Gogala e Argione. Di rilevante interesse storico e architettonico sono i ruderi del castello arabo normanno abbarbicati sulla rupe centrale, la chiesa Madre, nella quale si riconoscono elementi arabi e gotico normanni e l’imponente monastero medioevale.

La storia di Caltabellotta

I Greci chiamarono il monte Kratas e gli Arabi Qa’at-al-ballut, che significa Roccia delle Querce. Ma un sito così topograficamente straordinario non poteva non essere colonizzato sin dall’era protostorica dai Sicani, che fondarono la città di Triocala.

Caltabellotta è nota anche per la pace tra Angioini e Aragonesi del 1302.

La natura

Il territorio, esteso 123,6 chilometri quadri, è caratterizzato da tipologie ambientali tipiche dei rilievi montuosi: a nord-ovest è un nudo altipiano frastagliato da picchi e alte pareti, come Rocca Ficuzza e Rocca Nadore. A nord si estende l’area demaniale di Pizzo Telegrafo, rimboschita prevalentemente a conifere nel contesto di un recupero delle originarie essenze quercine; mentre a nord-est vi è un’ampia vallata, dove le colture cerealicole si alternano ai pascoli.

I declivi del versante meridionale sono, invece, un tappeto di ulivi e mandorli.

Attività agricola

L’intensa attività agricolo-pastorale non ha lasciato spazio  alla flora autoctona: ben poco esiste ormai dei boschi naturali di querce, devastati sin dal periodo greco-romano per la costruzione delle navi e come la legna da ardere.

Fauna selvatica

Di estremo interesse è la fauna selvatica che, oltre a una miriade di specie comuni, annovera alcune rarità: è uno degli ultimi siti dove è possibile osservare l’ultimo degli avvoltoi siciliani, il capo vaccaio; ed ancora il lanario, un falco mediterraneo tipico delle steppe, e il grillaio, un piccolo falco in costante rarefazione.

Sui picchi del paese nidifica il codirosso spazzacamino e, nelle radure d’alta quota, l’allodola, che in primavera spezza col melodiosissimo canto il silenzio dell’altipiano, mentre volteggia nel cielo.

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