Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Gastronomia siciliana, una sapiente sintesi di tradizione e innovazione

La Sicilia è appartenuta a tantissime civiltà. Civiltà che ha poi espresso in una forma e con uno spirito del tutto propri. Ecco perché anche la nostra cucina si caratterizza per la sua forte identità. Parliamo della tradizione e dell'innovazione della nostra cucina con un'esperta della gastronomia siciliana, nonché scrittrice di testi gastronomici della tradizione sicula, Roberta D'Ancona

di Patrizia Romano

Conoscere l’autenticità della gastronomia siciliana, la sua antica tradizione, gli usi, i costumi che ne hanno scandito la storia e la civiltà, non è facile.
La Sicilia ha subito un’infinità di dominazioni. Ciascuna ha lasciato la propria impronta. Impronta che è stata assorbita, reinterpretata, rivissuta e rilanciata dalla dominazione successiva.
La popolazione ha assimilato la parte migliore di tutte. Ha saputo viverla e interpetrarla con uno spirito proprio e offrirlo alle generazioni future come un patrimonio di grande valore.
La gastronomia siciliana fa parte di questo patrimonio.
Per conoscerla meglio, abbiamo chiesto una sapiente e oculata chiave di lettura ad un’esperta del settore, Roberta D’Ancona, autrice di vari testi letterari di gastronomia siciliana e giornalista sempre nel settore gastronomico.

La gastronomia siciliana letta da Roberta D’Ancona

L’Inchiesta Sicilia – Il Natale è l’evento più “buono” e più “dolce” dell’anno. Vuole parlarci della gastronomia siciliana e della pasticceria della tradizione natalizia targata made in Sicilia?
Roberta D’Ancona – A Natale la tavola viene imbandita con ogni sorta di prelibatezza. Per tradizione, la vigilia, le nostre nonne preparavano un menu ‘ricco’ a base di verdure: cauliceddi, bastardi e broccoli (lessi o ‘affucati’), cadduni in pastella, cacoccioli chini ca’ muddica.

Gli antipasti


Tra gli antipasti non poteva mancare la gelatina di maiale (zuzzu).
I forni, sia quelli in casa che nelle rosticcerie, lavoravano sin dal mattino per essere pronti ad accogliere scacciate (con tuma, acciuga e cipollina fresca o con ripieni di verdura).
Massare e monsù (cuochi al servizio dei nobili) friggevano crispelle tonde di ricotta o, allungate, con ripieno d’acciuga.

Primi piatti


Ancora oggi questi sono piatti irrinunciabili della gastronomia siciliana, ai quali si aggiungono degli ottimi primi piatti, come ad esempio la pasta “ncaciata”, che ha origini nel messinese e che è presente, seppur con qualche variazione nel condimento e nella preparazione, sulle tavole della tradizione natalizia di ogni città siciliana. Ragù, uova sode, melanzane e ovviamente cacio in quantità sono i principali ingredienti di questo piatto. Nel gelese e ad Agrigento viene aggiunto il cavolfiore, nel catanese le melanzane.
Sempre tra i primi piatti, abbiamo degli ottimi pasticci, come quello di Noto, spesso considerato un piatto unico per la sua abbondanza e composto da un impasto farcito con sugo di pomodoro, macinato, cavolfiore, pasta, pecorino e ricotta.

Secondi

Per i secondi si può optare per ricette siciliane di carne come le braciole alla messinese, la salsiccia, il polpettone o il tipico falsomagro, un arrotolato di carne di manzo cotto al sugo e farcito con uova sode, prosciutto, macinato, pecorino, pangrattato.

Il piatto forte? Il pesce

Ma il piatto forte della tavola resta sempre e comunque il pesce, a cominciare dal baccalà, lesso o pastellato, acciughe in salamoia, caponi, sgombri, anguille e capitoni. Nel messinese la tradizione vuole baccalà fritto, insalata di pesce stocco alla messinese, o il pesce stocco alla ghiotta. Una salsa preparata con pomodoro, capperi, uvetta, pinoli e olive nere che riprende gli antichi sapori. Tra le ricette siciliane antiche diffuse a Palermo, Catania e Messina ci sono anche le sarde a beccafico, arrotolate e farcite con pangrattato, uvetta e pinoli.

I dolci

Quanto ai dolci, tra i cibi in uso possiamo ricordare le cosiddette ‘sfinci’, ovvero una sorta di frittelle preparate con aggiunta di patate bollite e schiacciate, che dopo essere state fritte vengono cosparse di zucchero o di miele. Noto è celebre per la sua ‘cutugnata’, Modica per la ‘petrafennula’, Piazza Armerina per i ‘turruni’, Cammarata per le paste di ‘vinu cottu’, Corleone per i dolci di miele, Palermo per i cucciddati, dolci a base di fichi secchi e, pensate che già nel Cinquecento erano celebri i ‘mustazzoli di Missina’, i ‘cuddureddi di Catania’ e i‘nucatuli di Palermu’.
Insomma dolci a profusione ai quali si accompagnava e tuttora si accompagna immancabilmente ‘u scaccio’ di noci, nocciole, mandorle, fichi secchi e pistacchio.


Storie e Sapori di Sicilia

L’Inchiesta Sicilia – Roberta D’Ancona è una profonda conoscitrice della gastronomia siciliana, con un’ampia produzione letteraria di testi gastronomici. Vuole raccontarci qualcosa del suo ultimo libro, “Storie e Sapori di Sicilia”?

Roberta D’Ancona – Storie e Sapori di Sicilia rappresenta, a mio parere, un testo unico nel suo genere. Ha come obiettivo quello di far conoscere la cucina siciliana contemporanea. Una cucina che, partendo da una salda base fatta di tradizioni secolari, è riuscita giorno dopo giorno ad evolversi. Fino ad assumere una fisionomia nuova e del tutto originale che, forse, ancora in pochi conoscono.
Il coinvolgimento all’interno del libro di 19 chef siciliani ha contribuito a far passare in maniera inequivocabile questo messaggio. Ognuno di loro ha, infatti, partecipato alla realizzazione di un ricettario composto da tre ricette per ogni chef. Sono tutte ricette di cucina siciliana contemporanea. Quindi, qualcosa di assolutamente originale.

Storia della gastronomia siciliana

L’Inchiesta Sicilia – Immergersi nelle pagine dei suoi libri è come fare un viaggio nella storia gastronomica sicula, partendo dalle origini ai nostri giorni. Quanto è cambiato nella cultura culinaria siciliana? E’ ancora pervasa dal culto della tradizione?

La cucina siciliana tra presente e passato


Roberta D’Ancona – Facciamo una premessa. Ciò che da sempre contraddistingue la cultura siciliana è l’eterogeneità. Nell’Isola il nuovo non scaccia il vecchio. Passato e presente procedono di pari passo e questo accade anche per quel che riguarda la cucina. Di fatto la Sicilia ha un passato di tradizioni e innovazioni continue. La Sicilia è appartenuta a tantissime civiltà, eppure non ha mai propriamente fatto parte di nessuna. La nostra forte identità culturale ha fatto sì che imparassimo nei secoli a metabolizzare e a interiorizzare le culture con le quali nei secoli siamo entrati in contatto, esprimendole poi in una forma e con uno spirito del tutto proprio.

Una cucina dalla forte identità

Ecco perché ancora oggi la nostra cucina si caratterizza per la sua forte personalità e per un’identità forte e distinta. Questo ci consente delle innovazioni continue. La cucina in Sicilia ha raggiunto un altissimo livello tecnico, grazie all’introduzione di nuove tecnologie e all’attenzione degli chef per le materie prime locali e per il territorio.
La Sicilia in questo senso è una protagonista indiscussa del panorama nazionale. Abbiamo un serbatoio immenso di tradizioni dove i cuochi di oggi possono attingere a piene mani. Non dobbiamo dimenticare questa grande eredità.


Il sapere di ieri è il patrimonio di oggi

La tradizione gastronomica è il sapere di ieri ma è anche il patrimonio di oggi. Tutto ciò che oggi è innovazione, se ben riuscito, domani si trasformerà ancora una volta in tradizione. I cuochi sperimentano, innovano, si aprono a prodotti esotici, fanno ricerca perché la cucina deve evolversi e andare avanti come è gusto che sia. Ma sicuramente oggi non potremmo parlare di innovazione se non avessimo alle spalle una tradizione così ben radicata. I cuochi siciliani sono ben consapevoli della fortuna che hanno nel poter sfruttare le risorse di questo territorio e dunque il loro modo di fare innovazione, diversamente da quanto accade altrove, consiste nel valorizzare questo patrimonio di eccezionale valore semplicemente migliorando ciò che sanno fare. Si ricorre a nuovi sistemi di cottura, si prova a combinare i prodotti siciliani con quelli provenienti da altri paesi, si lavora sulla tradizione solo per renderla più attuale e confacente al nostro attuale ritmo di vita. La cultura alimentare siciliana è in continuo divenire e di sicuro il cibo continuerà ad essere un mezzo per entrare in contatto con culture diverse e uno strumento per la costruzione di identità culturali plurime e ibride.

I piatti tipici di ogni provincia

L’Inchiesta Sicilia – Nei suoi libri, focalizza, spesso, l’attenzione sulla gastronomia di tutte le province siciliane. Vogliamo fare un breve excursus su un piatto natalizio tipico locale di ogni singola provincia della Sicilia?
Roberta D’Ancona – Da provincia a provincia a Natale i menù sono ricchissimi e naturalmente variano con importanti differenziazioni.
Ci sono, però, alcuni capisaldi nell’ambito della cucina casalinga come, ad esempio, i fritti di pesce (soprattutto baccalà) e di ortaggi, così come le focacce che a seconda della provincia in esame possono chiamarsi impanate, scacciate, scacce, cudduruni, sfincione, ma che in ogni caso sono comuni a tutte e nove le province siciliane. Il loro ripieno, seppur con delle differenze, solitamente prevede l’utilizzo di formaggi come tuma e caciocavallo e di ortaggi e acciughe.

Messinese


Nel Messinese si prepara una focaccia con un ripieno a base di scarola riccia, tuma, acciughe, pomodoro fresco.

Catanese


A Catania, come pure a Palermo, si preparano le crespelle salate con un impasto a base di ricotta e acciughe.
Nelle diverse province, troviamo poi quasi sempre sulla tavola di Natale ortaggi in agrodolce come la zucca e la caponata, verdure affogate come i broccoli oppure verdure ripiene. In comune tra le diverse province siciliane ci sono poi i timballi, anche qui con opportune differenze.

Nel Palermitano

A Palermo possiamo trovare il timballo di anelletti e melanzane, con un ricchissimo ragù di carne, piselli, uova sode e formaggio.
In altre province, il timballo è generalmente composto da un involucro croccante di pasta frolla e briseè mentre all’interno la farcitura è a base di pasta o riso, verdure o pesce già cotti.

Palermo ed Enna


Tra i primi piatti, Palermo ed Enna hanno in comune le cosiddette lasagne cacate. Si tratta di lasagne larghissime dal bordo ondulato, condite con ricotta e sugo di maiale. Sono state inventate a Palermo durante il dominio aragonese in Sicilia. Il nome poco lusinghiero con cui sono conosciute è una sorta di presa in giro delle più elaborate pietanze dei nobili. Queste lasagne sono note anche come Scibbò o Sciabbò e a Enna sono dette Scibbò di Castrugiuvanni e si preparano con una ricetta che vede la presenza di ingredienti contrastanti: tritato di carne, cipolla, pomodoro e poi, zucchero, cannella, cioccolata. L’ardito accostamento tra sapori dolci e salati permette di riconoscere quelle elaborazioni frutto della fantasia dei cuochi delle nobili case spagnole che succedettero agli angioini.

Ancora Messina

Nel messinese, invece, rimane radicata la tradizione della pasta con il sugo della ghiotta, che può essere di pesce spada o di pesce stocco. Con il suddetto sugo a base di cipolla, olive bianche, pomodoro, capperi. Si condiscono gli spaghetti e il pesce si mangia come secondo piatto. Come dicevamo prima, tra i secondi possiamo scegliere tra piatti di carne o pesce.

A Palermo il falso magro o le sarde a beccafico. A Messina il pesce spada o il pesce stocco a ghiotta. In province dell’interno possiamo avere invece piatti a base di capretto cotto o in umido o agglassatu o al forno con le patate.

Trionfo di dolci in tutte le province

E, infine, si arriva al trionfo dei dolci che vedono protagonisti un po’ ovunque, frutta martorana, cassate, cannoli, paste di mandole, sfinci di ricotta, cubbaita, petrafennula, scacciu di frutta secca


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