Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

I Draghi: una storia di successi e di fallimenti

Uno dei fondatori dei “Draghi”, Benedetto Raneli, racconta come è nato e si è dissolto un gruppo che, dai primi anni sessanta sino agli anni settanta, ha fatto conoscere ai ceti popolari il teatro, prima riservato alle elite culturali (In foto: Benedetto Raneli)

di Pippo La Barba

I Draghi. Tutto inizia il 24 maggio del 1963 quando alla sala Scarlatti del Conservatorio di Musica fi Palermo viene rappresentato “L’aria del continente” di Nino Martoglio. E’ la rampa di lancio di questi ragazzi fortemente animati dalla voglia di fare teatro.
I vari Drago, Burruano, Raneli, Scaldati, Pupella, Lo Bianco, Picone, Maniscalco, Maratea, Mariella Bosco, le sorelle Quattrocchi e altri iniziano un percorso da veri cultori dell’arte.
Sono tutti attori esordienti, cui si aggiungono registi, autori, scenografi, tecnici, in tutto circa quattrocento persone.

L’incendio


Affittano il teatro Bellini, dove alla prima succede un fatto increscioso e imprevedibile. Mentre stanno rappresentando lo spettacolo “Il marchese di Ruvolino” dello stesso Martoglio, il teatro, per motivi fortuiti, prende fuoco e c’è un fuggi fuggi generale. Debutto peggiore non poteva essere, ma il gruppo non si scoraggia e si sposta al Biondo (allora non ancora teatro stabile), dove rimane sino al 1966, mettendo in scena per lo più opere pirandelliane e un memorabile Enrico IV di Shakespeare.

La diaspora

Tutto sembra procedere per il meglio, ma nei primi del 69, Nino Drago, che è la mente organizzativa, lascia il gruppo e si trasferisce a Roma. Gli attori si dividono. Alcuni continuano con i I Travaglini, una compagnia di cabaret che era stata fondata un anno prima da Salvo Licata. Altri con Mario Pupella mettono in piedi il Ridotto in via Pasquale Calvi. Altri ancora: Ninni Picone, Andrea Maratea, Franco Scaldati, Gaspare Cucinella, assieme all’organizzatore Michele Brancato, creano un nuovo teatro, il Manin 41, in un locale di via Manin, che già negli anni 1962 e 1963 era stato utilizzato per le prove.
Questa diaspora dura sino al 1974, quando con il ritorno di Drago inizia la parte più professionale dell’avventura del gruppo con il Piccolo Teatro Città di Palermo.

Nasce la cooperativa teatrale “I Draghi 74”

Si costituisce la cooperativa teatrale “I Draghi 74”, che ottiene un contributo pubblico di dieci milioni di lire per la stagione 1973/74 con l’impegno di 130 spettacoli. E’ il periodo d’oro. Gli spettacoli più rappresentativi sono Palermo Oh Cara con il mattatore Luigi Maria Burruano (675 repliche) e Il pozzo dei pazzi di Franco Scaldati. Poi a poco a poco tutto si sfalda e l’esperienza dei Draghi praticamente si esaurisce con il secondo abbandono di Nino Drago, anche se la Compagnia del Piccolo continua stancamente per qualche altro anno sotto la direzione di Paride Benassai. Sfuma così il sogno dei Draghi: creare un teatro stabile a Palermo. Mentre loro si dividevano, altri realizzarono questo progetto.

Il Biondo si trasforma in stabile

Il Biondo, teatro privato, fu trasformato in stabile, soprattutto per la caparbietà del direttore artistico Pietro Carriglio e dei fratelli Pipi, che affittavano i costumi di scena di loro proprietà. Ma questa è un’altra storia…
Abbiamo chiesto a Benedetto Raneli, uno dei più grandi interpreti del teatro siciliano del Novecento, di parlarci di cosa rappresentano I Draghi per la cultura e l’arte siciliane.

L’Inchiesta Sicilia – Tu sei stato tra i fondatori dei Draghi. Che ruolo hai avuto?
Benedetto Raneli – Io provenivo da una piccolissima esperienza teatrale che avevo fatto al Liceo Umberto con Nicola Lo Bianco. Un giorno mi chiama Nino Drago e mi invita a far parte di un gruppo che stava per formare assieme a Luigi Maria Burruano, i fratelli Ciccio e Gigi Cincotta e il costruttore Tedesco. L’unica donna era Rita Gandolfo. Partimmo. Anche il giornalista Gregorio Napoli ci incoraggiò e cosi debuttammo alla sala Scarlatti del Conservatorio.


L’Inchiesta Sicilia – Come funzionava l’organizzazione?
Benedetto Raneli – Trovammo difficoltà ambientali. Soprattutto a coinvolgere le ragazze. Allora c’era molta diffidenza da parte delle famiglie e una che voleva fare l’attrice veniva considerata una poco di buono. Per aggirare l’ostacolo organizzavamo feste da ballo e nascevano anche dei flirt, così coinvolgevamo le ragazze. Il gruppo si allargò. Entrarono Mariella Bosco e le due sorelle Quattrocchi, Riri e Rori. Così facemmo San Giovanni Decollato, sempre di Martoglio.


L’Inchiesta Sicilia – ​Cosa era il teatro a Palermo nei primi anni sessanta?
Benedetto Raneli – Come teatro diciamo di prosa di rilevanti c’erano il Teatro degli Zappalà al Giardino Inglese e il Teatro Universitario 172. Il teatro Biondo veniva di volta in volta affittato dalla signora Margherita a compagnie di rivista. Dopo l’incendio del Bellini anche noi ci esibivamo al Biondo. Ricordo che il costo per la sala era di centocinquantamila lire a serata. Chiamammo la Compagnia “I Draghi” in omaggio a Nino Drago, che ne era stato l’ideatore.


L’Inchiesta Sicilia – Quale era il vostro genere?
Benedetto Raneli – Ci fu una prima divergenza con Nino Drago che voleva rappresentare testi impegnati. Ma l’abbiamo convinto che non eravamo ancora pronti, d’altronde avevamo un pubblico che ci seguiva e cominciavamo a guadagnare.

L’Inchiesta Sicilia – Come si sosteneva economicamente il tutto?
Benedetto Raneli – Non avevamo contributi, in pratica ci autofinanziavamo e ci arrangiavamo con il fai da te. Ogni attore girava per il proprio quartiere e distribuiva un biglietto omaggio per ogni spettacolo per incentivare l’acquisto dei biglietti. Non c’erano ruoli prestabiliti. Ciascuno dava l’apporto che poteva.


L’Inchiesta Sicilia – Quando questo meccanismo cominciò a incepparsi?
Benedetto Raneli – Cominciarono a nascere rivalità tra noi e il gruppo scricchiolò. Nel 69 Nino Drago, che era la mente organizzativa, decise di trasferirsi a Roma. Noi ci dividemmo e tutto finì.


L’Inchiesta Sicilia – Ma poi ci fu un ritorno nel 74…
Benedetto Raneli – Sì, quando Drago tornò da Roma e creammo una cooperativa teatrale, i “Draghi 74”, che ottenne un contributo pubblico di dieci milioni per la stagione !973/74. Burruano scrisse Palermo Oh Cara e La coltellata, Nino Drago Ehi Coca! Tutte e tre opere di grande successo. Ma come sempre ritornarono i contrasti in seno alla cooperativa.
Il presidente Michele Brancato venne defenestrato e Nino Drago mollò tutto. Quando è uscito di scena fece perdere le sue tracce, addirittura si sparse la voce che fosse morto. Ma pensandoci a posteriori penso sia stata una scelta di dignità.

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